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Unione, "Un programma che apre spazi alle future battaglie"

Publie le domenica 12 febbraio 2006 par Open-Publishing
3 commenti

Dazibao Elezioni-Eletti Partito della Rifondazione Comunista Parigi

La direzione del Prc vota a maggioranza il sì al documento faticosamente scritto dall’Unione.

di Stefano Bocconetti

Due, tre capitoli ottimi, qualcuno soddisfacente, qualche altro solo buono, altri meno. Nessuno comunque "in contrasto con le nostre scelte di fondo".

programma unione

Si potrebbe allora fare una media fra quei capitoli e poi stilare una pagella. Potrebbe nascere così il giudizio di Rifondazione sul programma dell’Unione, quello varato nella notte di giovedì, dopo che per parecchie volte si era stati ad un passo dalla rottura. Ma Rifondazione, la direzione di Rifondazione, ieri, ha scelto un’altra strada per valutare quel documento. Un altro criterio. L’ha proposto Walter De Cesaris, che è stato uno dei protagonisti del lungo braccio di ferro con le altre forze politiche della coalizione. Nella sua relazione, De Cesaris ha dato anche un nome a questo criterio. S’è inventato un neologismo: "impatto ambientale sui movimenti".

Per valutare quelle duecentosettanta pagine che saranno la base con cui l’Unione chiederà il mandato per governare nei prossimi cinque anni, Rifondazione sceglie, insomma, un angolo di visuale particolare: quanto e come quelle proposte possono essere un punto di partenza per nuove battaglie. Quanto e come quei capitoli aprono spazi all’iniziativa dei movimenti, della pressione dal basso.

E se questi sono i criteri, il giudizio è positivo. Tutto sommato positivo. Non c’è tutto quello che avrebbe voluto Rifondazione ma sicuramente "c’è un segnale: un’inversione di rotta, una netta inversione di rotta rispetto alle politiche della destra".

Giudizio condiviso? Il segretario Bertinotti prende la parola a metà della mattinata. Lo fa con un intervento pacato nei toni ma assai duro. Lo fa per invitare questa direzione «a non deprezzare i risultati raggiunti». Un intervento che, dice, «non avrebbe mai voluto fare». Sarà questa, infatti, la sua risposta agli interventi delle minoranze. Tutti assai critici sul documento. A cominciare da Marco Ferrando, candidato, leader di Progetto Comunista, il primo ad intervenire dopo la relazione. Per contestare molte parti del programma ma soprattutto per dire che quelle 270 pagine non possono essere pesate col bilancino. Conta, nella valutazione, la direzione generale che indicano. Ed è proprio questa che Ferrando contesta: con quel programma, insomma, si resta tutti dentro la logica del neoliberismo. E chiede che su quel testo, il partito si pronunci con un referendum.

Anche Salvatore Cannavò, della Sinistra Critica, denuncia la presenza, in quel documento, di parti difficilmente digeribili. Come la scelta per la concertazione (e questo proposito avrà un vivace scambio di battute con Alfonso Gianni che nega che nel documento ci sia alcun riferimento al metodo della trattativa a tre). Cannavò non disprezza qualche risultato raggiunto, così come valuta positivamente la risposta che Rifondazione, il suo gruppo dirigente sta dando alle campagne, come quella sulle Olimpiadi, di chi vorrebbe separare il partito dai movimenti. Ma per lui, nell’insieme si tratta di «una riduzione del danno». Il minore danno possibile che comunque non consentirebbe di dividere responsabilità di governo con la coalizione.

E critico, non solo col documento ma col metodo che ha portato alla sua elaborazione anche Claudio Grassi, il leader di Essere Comunisti. Dice che è stato sbagliato «anteporre il carro davanti ai buoi». Il carro è l’impegno a condividere responsabilità di governo con Prodi, i buoi sono il programma. Questo ha impedito che Rifondazione potesse far valere il suo peso nella trattativa. Diverso sarebbe stato l’esito se il partito avesse messo quelli che lui chiama «i paletti». Una serie di richieste irrinunciabili: dalla guerra, il cui testo per Grassi è ancora ambiguo, all’abrogazione delle più feroci leggi delle destre. Leggi che il documento dice di voler superare, non abrogare. Da qui, la scelta di Grassi - come delle altre minoranze - di votare contro. Di votare contro la delega a Bertinotti a sottoscrivere il programma comune.

Ed è in questo clima che il segretario prende la parola. Annuncia che farà un discorso di difesa del programma. Ma solo perché sollecitato dalle critiche «pregiudiziali e precostituite» delle minoranze. Lo fa, insomma, perché «se non si vedono gli spazi che si sono aperti ci si priva della possibilità di occuparli», e si rischia, «in nome delle polemiche interne, di dire cose che deprezzano i risultati ottenuti».

I contenuti, allora. Bertinotti sa bene, e lo dice, che in alcune parti il documento è «ambiguo». Lo definisce proprio così. E’ ambiguo sui Pacs, sulle unioni civili, per esempio. Ma anche questa è stata una scelta. Un’ambiguità voluta. Nel senso che è stata «perseguita laddove non si poteva raggiungere un risultato». «Anch’io sulle unioni civili avrei voluto una soluzione più avanzata, cioè il riconoscimento giuridico delle coppie di fatto e invece si parla del riconoscimento delle persone che convivono, anche se non ci sono distinzioni di genere e di orientamento sessuale. Naturalmente vedo la differenza che c’è ma vedo anche che c’è una novità e un avanzamento».

Poi, c’è tutto il resto. Un «resto» che fa dire a Bertinotti che nel programma si è andati al di là di ogni più «ottimistica previsione». E qui il leader di Rifondazione snocciola i risultati. Sul terreno macroeconomico: c’è il rifiuto della politica dei due tempi, si impone - forse per la prima volta in un programma - l’obiettivo della «piena e buona occupazione». Sull’Iraq, poi. «In base a quello che c’è scritto il nuovo governo si presenterà subito alle Camere per annunciare e decidere il ritiro delle truppe italiane nei tempi tecnicamente necessari. Più presto di così, cosa si doveva fare? Perché un dato è certo: il programma prevede il ritiro, il primo obiettivo dei movimenti pacifisti». E ancora, sempre più nel dettaglio. Ci sono punti avanzatissimi sui migranti, si prevedono misure gigantesche (l’aggettivo in realtà lo userà Alfonso Gianni) di redistribuzione del reddito, non si farà alcun riferimento all’inflazione programmata (e quindi è tolta di mezzo qualsiasi logica concertativa), sarà restituito il fiscal drag, ci sarà l’aumento delle retribuzioni minime attraverso la politica fiscale. Nel paragrafo dedicato alla legge Moratti è vero, non c’è la parola «abrogazione, ma di questa legge non resta nulla». Esattamente come accadrà con la legge 30, mentre quella Bossi-Fini sull’immigrazione verrà cancellata. Tout court.

«E allora - dirà ancora Bertinotti - non vorrei dire che siamo stati bravi ma devo farlo». Tutto bene, dunque? No. Perché a questo punto Bertinotti fa le sue di critiche. Non al documento ma a quello che c’è attorno. Perché «forse c’è uno squilibrio tra ciò che è scritto nei documenti e l’energia politica della coalizione». Per essere ancora più espliciti: «Il programma va bene è la politica che va male». Di più: «In parte lo sapevo - sottolinea - ma l’offensiva sul programma dal fronte moderato indica che c’è un problema». Un problema che è soprattutto un deficit di democrazia. Bertinotti, insomma, è assolutamente d’accordo con le critiche espresse anche qui in direzione da chi sostiene che nel varo del programma non c’è stato il «coinvolgimento dei movimenti, delle forze sociali, come pure tutta l’Unione si era impegnata a fare». Non ci saranno, insomma, le assemblee regionali, non ci saranno le sedi dove chi in questi anni ha retto l’opposizione alle destre, potesse dire la sua, integrare, valutare. Ma anche questo, se si vede bene, è un sintomo della crisi della politica. «Perché non nascondiamocelo - aggiunge Bertinotti - la difesa del proprio fortino, quando all’interno del fortino s’è raggiunto un delicato equilibrio che l’apertura all’esterno può far saltare, è purtroppo un metodo dal quale non è estraneo neanche il nostro partito».

Finisce così, con un voto. La delega a Bertinotti passa. A maggioranza. E oggi il programma viene presentato all’Eliseo a Roma.

Liberazione

Messaggi

  • Mettere insieme tante teste, tante idee è un bel problema....
    Come "integrare" la visione (sempre soggettiva) e l’ aspettativa di ciacuno ?

    Il problema è nel non saper COME "far coesistere" idee diverse.

    Nella sinistra (e nei Movimenti) si dice che la differenza è ricchezza. Che l’ "altro" (il diverso da se stesso) deve essere inteso quale portatore di "nuove possibili visioni" da accogliere. Insomma INSIEME è meglio.

    In realtà nella pratica vediamo che ciò non avviene.
    Nella pratica vige lo SCONTRO tra opposte fazioni, tra opposte visioni (soggettività).
    SCONTRO: ovvero GUERRA.
    Vige dominante la logica del confronto-scontro dove domina il più forte (e a discapito dell’ "altro"....)

    Lo vediamo ovunque.
    Lo vediamo in Palestina/Israele. Lo vediamo in Iraq, Lo vediamo nei Parlamenti. Lo vediamo nell’ Unione. Lo vediamo tanto a destra che a sinistra. Lo vediamo nello scontro sociale (vedi sindacati). Lo vediamo nei rapporti pesonali di ognuno di noi (di sinistra).
    Tutti siamo "competitors" contro tutti !!!
    Tutti noi (nei fatti di ogni giorno) a voler vedere bene ... siamo fascisti !!! (o se preferite neo-con)

    Allora mi chiedo e VI CHIEDO:

    Quand’è che passiamo dalle belle idee ai fatti ?
    Quand’è che Noi di Sinistra, Noi dei Movimenti intendiamo fare il "salto" culturale (e di civiltà...) e cominciamo a mettere REALMENTE in pratica i PRINCIPI che tanto proclamiamo ?

    Quand’è che REALMENTE cominceremo a REALIZZARE con i FATTI ciò che proclamiamo con le parole ?

    J.R.

  • Scusate un commento
    così di getto senza aver letto l’articolo
    solo per aver guardato la foto

    Mi è venuto un brivido

    8 uomini in riga
    tutti di genere maschile

    a rappresentare l’alternativa anche per me
    a rappresentare un programma che dovrebbe comprendermi

    così di pelle quella foto mi ha fatto saltar sulla sedia

    Voglio sperare che in questo programma ci siano parole di donne, scritture di donne, idee di donne, pratiche di donne

    ma la rappresentazione mediatica attraverso quella foto cancella e rimette nel silenzio queste presenze

    Mariangela