Home > Metalmeccanici e Fse insieme il 7 novembre
Poi vertenze nei territori, come fa "Job with justice"
Apochi giorni dal suo sciopero del 7 novembre, la Fiom è tornata a incontrarsi (e lo farà ancora al ritorno da St. Denis) con gli altri "compagni di strada" del Fse, di cui è socio fondatore. All’ordine del giorno la manifestazione nazionale delle tute blu quando tre cortei convergeranno nella piazza romana di S. Giovanni. Gianni Rinaldini, segretario generale dei metalmeccanici, non si sbilancia in cifre sulla partecipazione ma registra segnali di «grande consistenza».
Come nel 2001, pochi giorni prima di Genova, anche stavolta il Fse leggerà dal palco un proprio messaggio ma la relazione con i metalmeccanici non si esaurisce nella diplomazia tra organizzazioni. C’è assoluta convergenza sulla piattaforma che vede il tema della democrazia sui luoghi di lavoro come questione di carattere generale. La Fiom, maggioranza assoluta nella categoria, s’è vista scavalcata da un pessimo accordo separato siglato da Fim e Uilm senza nemmeno il parere consultivo dei lavoratori. Il referendum che vuole la Fiom è solo un passaggio verso un’altra legge sulla rappresentanza. Intanto, ed è la seconda questione posta dalla Fiom al Fse, c’è la necessità di rispondere alla riscrittura della costituzione materiale di cui le pensioni sono solo un capitolo. Giorgio Cremaschi, che ieri ha introdotto l’incontro nella palazzina che fu della Flm, ha spiegato che serve un’iniziativa sociale che, come i pre-contratti che la Fiom ha già firmato in 1500 fabbriche, renda impraticabile (ma si può anche dire, boicottare, disobbedire, inceppare) la legge 30 che frammenta il lavoro in 43 tipologie diverse ma tutte precarie.
Cremaschi fa l’esempio di Taranto, dove padron Riva vuole migliaia di contratti di inserimento all’Illva: come si fa a non farsi schiacciare dalle pressioni di chi lavorerebbe a qualsiasi condizione? O, ancora: come si generalizza nel territorio il rifiuto di una fabbrica ad accettare lo "staff leasing", il contratto interinale a vita? Servono vertenze nei territori che coinvolgano su questioni specifiche sindacati, studenti, intermittenti, co. co. co., ricercatori, intellettuali per agire sulle agenzie interinali o fare pressione perché gli enti locali non ricorrano alle forme più brutali della legge 30. Cremaschi evoca l’esperienza statunitense di "Job with justice" che ha "profanato" la presidenza dell’università di Harvard per chiedere salari migliori per i dipendenti, che promuove (con l’Afl-Cio) campagne contro i negozi che vendono prodotti delle "sweatshops" (aziende che sfruttano la manodopera) o pomodori di aziende della Florida ostili al sindacato, o contro la società che impiega nei parcheggi di Washington immigrati senza diritti sindacali né salario decente.
Per Flavia D’Angeli, della direzione nazionale di Rifondazione, la costruzione di una simile rete di resistenza alla precarietà è il "cambio di passo" per aggredire i nodi della legge 30. In questo ambito si possono iscrivere alcune questioni poste da diversi interventi. Come quelle poste da Vittorio Agnoletto: come difendere l’occupazione nell’epoca della globalizzazione, come costruire vertenze per la riconversione delle produzioni militari.
Sulle modalità della partecipazione al corteo del 7 tutte le anime sono d’accordo a rendersi più visibili, ad aggiungere contenuti (ad esempio contro la finanziaria di guerra). Prc e giovani comunisti sono già al lavoro per organizzare la partecipazione al corteo e ai picchetti. I disobbedienti, con Casarini, annunciano "generalizzazioni" e i metalmeccanici di Cobas e Sin. Cobas (che rilanciano in sintonia con Rinaldini un altro grande sciopero generale per dicembre) incroceranno le braccia il 7 anche loro sebbene Piero Bernocchi non abbia nascosto la difficoltà di confrontarsi sul terreno della democrazia nei luoghi di lavoro. Cgil, Cisl e Uil nel Pubblico impiego sembrano allergici al diritto d’assemblea.
Ma il 7 sarà anche il giorno dello sciopero generale della Cub. La sua manifestazione nazionale è prevista a Milano ma con Roma si potrebbe trovare (il portavoce Pierpaolo Leonardi pensa a uno striscione comune sulla democrazia) un punto di contatto.
Checchino Antonini