Home > IO NON CE LA FACCIO L’8 MARZO...
Dazibao Donne Manifestazioni-azioni Storia Doriana Goracci
di Doriana Goracci
Ora incombe l’8 marzo, questo seno simbolico in perpendicolare.
Che ci porta questa data? Trasgressione, promesse, diritti, poesie, amore, guerra, pace, lavoro, parità, giustizia, cene, spettacoli, mimose, dibattiti, marce, sitin, rabbia, rivendicazioni, speranze?
No, è troppo tutto in un giorno, troppo per tutte noi, che siamo la metà e un po’ di più nel mondo.
– Io non ce la faccio a stare a casa quel giorno, senza il compagno che amo tanto.
– Io non ce la faccio a tornare in tempo.
– Io non ce la faccio a scordarmi di quelle che non ci sono più.
– Io non ce la faccio ad arrivare a fine mese.
– Io non ce la faccio a cucinare quello che adorano le persone a me care.
– Io non ce la faccio a dire no alle compagne che saranno quest’anno sotto l’ambasciata americana.
– Io non ce la faccio a dire no alle artiste che giocheranno nelle piazze e nei teatri
d’Italia.
– Io non ce la faccio a dire no a quello che mi offre un fiore.
– Io non ce la faccio a non ridere in faccia a chi mi promette che le cose cambieranno dopo il 9 aprile.
– Io non ce la faccio a non detestare quelle che andranno agli spogliarelli maschili.
– Io non ce la faccio a non essere curata sorridente arrabbiata quel giorno.
– Io non ce la faccio a non commuovermi leggendo le parole di donne nel tempo.
– Io non ce la faccio a non pensare a quelle che sono morte bruciate.
– Io non ce la faccio a pensare che altre sono sotto le bombe.
– Io non ce la faccio a vedere pure quel film.
– Io non ce la faccio a leggere l’ultimo pezzo di quella giornalista, come si chiama?
– Io non ce la faccio a dire sempre si-sempre no.
– Io non ce la faccio a diventare madonnamaddalena.
– Io non ce la faccio a pensare che quelle stanno "dentro".
– Io non ce la faccio a non dire che voglio la pace e non la guerra.
– Io non ce la faccio a dire che l’8 marzo è un giorno qualunque.
– Io non ce la faccio a dire che l’8 marzo è un giorno di festa.
– Io non ce la faccio in una giornata a dedicare tutte queste cose alle donne.
– Io non ce la faccio a dire tutto quello che fanno le donne.
– Io, donna.
In un giorno.
Messaggi
1. > IO NON CE LA FACCIO L’8 MARZO..., 6 marzo 2006, 12:21
doriana e tutte, credo che si, entro domani dobbiamo
mandare in giro e dovunque le notizie di un 8 marzo
"sveglio", non celebrativo ma attivo.
poichè corrisponde ad un sentire comune e diffuso non
solo da noi in italia
perchè è necessario
perchè offre delle esperienze e dei contatti ad altre
donne
perchè..ci fa piacere sentire che ci sono tante cose
(che hanno anche alcuni tratti comuni ed importanti
che le animano)
perchè dobbiamo comprendere che è solo l’inizio di una
onda lunga
perchè stimoli a ripensarci (cioè a pensare a noi
stesse)
etc etc (ma ora devo lavorare)
insomma attacco qui la somma dell info che ho fino ad
ora e prego doriana e tutte di integrare sino a
stasera
che dite???
è usare i gomiti?? forse, ma perchè no? è un servizio?
certo, quindi una responsabiltà...siamo pronte a
prenderla collettivamente, non
discriminatoriamente?????
io penso che sia tempo di dialoghi lunghi e larghi, di
mandare il segnale anche di questa ottica...
altre pensano diversamente?????
baci
pm
8 marzo - Giornata internazionale delle donne
ALZA LA VOCE CONTRO LA GUERRA!
Roma, mercoledì 8 marzo, dalle 16.00 alle 18.00
Sit-in davanti all’Ambasciata Statunitense in via
Veneto
Una chiamata alla pace: Le donne (e gli uomini!)
dicono no alla
guerra.
Il prossimo 8 marzo sarà una giornata importante per
le donne e per la
pace. Raccogliendo l’appello internazionale di
CodePink e Cindy Sheehan, i
movimenti delle donne e per la pace stanno
organizzando manifestazioni
davanti alle ambasciate USA in tutto il mondo per
chiedere la fine
immediata dell’occupazione militare dell’Iraq. La
manifestazione principale
si terrà a Washington D.C., dove un corteo porterà le
firme di donne di
tutto il mondo alla Casa Bianca.
L’8 marzo vedrà manifestazioni in tutti gli Stati
Uniti, dall’Alaska alle
Hawaii, dal Montana alla Florida e anche in molti
paesi del mondo (tra
l’altro Francia, Germania, Gran Bretagna, Svizzera,
Svezia, Pakistan,
Egitto, Benin, Australia e Nuova Zelanda) e in Italia
a Roma.
Nella capitale, associazioni femministe e pacifiste
promuovono per le ore
16 un sit-in davanti all’ambasciata USA di via
Veneto. Con cartelli,
striscioni e canti, le donne (e non sole!)
chiederanno che tutte le truppe
lascino l’Iraq e che ci sia una fine agli stupri,
alle torture, alle
violazioni dei diritti umani, alle deportazioni, alle
carceri segrete e
allo sterminio di civili.
Per chi si chiede perché una manifestazione contro la
guerra davanti
all’Ambasciata USA a Roma mentre il governo Italiano
ha le truppe in Iraq,
le organizzazioni promotrici rispondono che l’Italia
è diventata ormai il
51º stato degli Stati Uniti. La sovranità italiana
viene calpestata con
sequestri sul suolo nazionale da parte della CIA, con
lo stoccaggio di armi
nucleari nelle basi USA in violazione del trattato di
non proliferazione, e
con gli impedimenti nello svolgimento delle indaggini
nel caso Sgrena
Calipari.
Il sit-in vuole anche essere una tappa verso la
manifestazione
nazionale che si terrà a Roma il 18 marzo, terzo
anniversario
dell’invasione e giornata internazionale contro la
guerra e le
occupazioni. (http://www.18marzo.unmondodiverso.it)
Informazioni sul 8 marzo
http://www.peaceandjustice.it/giornata-delle-donne.php
.
Per maggiori informazioni sull’appello internazionale
e le
manifestazioni in programma, vedere il sito Women Say
No To War
(http://www.womensaynotowar.org)
Associazione Federativa Femminista Internazionale
(AFFI) -
Bastaguerra - Donne in nero - U.S. Citizens for Peace
& Justice - Women’s
International League for Peace and Freedom (WILPF
Italia)
Per maggiori informazioni: cciddonne@tiscalinet.it
nellagin@fastwebnet.it
For additional information: info@peaceandjustice.it
—
U.S. Citizens for Peace & Justice - Rome
info@peaceandjustice.it
http://www.peaceandjustice.it
***************************************************************************=
*****
Noi, le donne degli Stati Uniti, Iraq e del resto del
mondo, ne abbiamo
abbastanza della guerra in Iraq: una guerra senza
senso, e ne abbiamo
abbastanza dei crudeli attacchi a danno dei civili in
ogni parte del
mondo www.womensaynotowar.org
APPELLO DALLE DONNE DI CODEPINK
Siamo ancora lontane dall’obiettivo delle 100.000
firme, abbiamo
bisogno della vostra energia e diffusione! Riempiamo
di iniziative l’8
marzo, Giornata internazionale delle Donne, davanti
le Ambasciate Usa e
in altri luoghi.
FIRMA LA PACE
Alcune artiste della rete di Plexus International,
insieme alle Donne
in Nero di Roma, accolgono l’appello e desiderano
partecipare
attivamente alla raccolta delle 100.000 fime contro
la guerra con una
performance a Roma l’8 marzo in occasione della
Giornata Internazionale
della Donna, collegata con il sit in organizzato dai
movimenti delle
donne romane e non, davanti l’ambasciata
statunitense.
Le artiste di Plexus International e le Donne in Nero
lanciano un
invito in rete:
Chiamata aperta a tutte le donne, artiste e non
FIRMA LA PACE
lascia un segno contro tutte le guerre
Incontriamoci tutte l?8 marzo per partecipare alla
composizione/performance dell?opera collettiva FIRMA
LA PACE al
Teatro Vascello, via G. Carini 78 Roma
Dalle 18,30 alle 20,30
Alle ore 21 rappresentazione teatrale
« Il coprifuoco e la marmellata » ENTRATA LIBERA PER
LE DONNE
In contemporanea a Barcellona si terrà la seconda
parte del IV° Atto
dell’evento itinerante di Plexus International
"Erosions and
Renaissance Show", in occasione della presentazione
del progetto l’Arca
del Well Being, nell’ambito del VI° Congresso
Internazionale della
Dieta Mediterranea, www.dietamediterranea.com. (La
prima parte del IV°
Atto è stata presentata a New York, il 10 Dicembre
2005, Giornata
Internazionale dei Diritti Umani, presso la St. Mark
Church on the
Bowery). In una installazione di quattro monitor, per
tutta la durata
del Congresso verrano proiettate tutte le opere che
arriveranno ed una
parte dell?evento di Roma.
Il tema dell’erosione, rappresentato dalle artiste e
dagli artisti di
Plexus International nel loro viaggio itinerante da
New York a Roma, da
Barcellona alla Biennale d’Arte Africana di Dakar
2006, nella ricerca
di un intreccio di forme d’arte, si incontra in
questa occasione con
l’appello delle donne Codepink, dei movimenti
internazionali contro la
guerra e con la ricerca delle Donne in Nero di
modalità e pratiche
intrecciate per fermare, anche in questo caso,
l’erosione di un mondo
che viene privato di beni irrinunciabili, primo tra
tutti LA PACE.
L’8 marzo, scriviamo con le nostre firme
UNA STORIA DI PACE.
Per chi non è a Roma, o non può partecipare: inviate
via e-mail la
vostra opera firmata, in formato A4 a colori o in
bianco e nero a
questo indirizzo: micaela@frigomag.it . La stamperemo
e la inseriremo
(con la vostra firma) nell’opera collettiva.
Siete tutte invitate a firmare l’appello nel sito :
www.womensaynotowar.or=
g
Info e organizzazione :
Nadia Cervoni/Donne in Nero: giraffan@tiscali.it -
Luisa
Mazzullo/Plexus International: uisma@yahoo.it -
Silvana
Mariniello/Donne in Nero/Plexus International:
salva.selve@quipo.it -
Caterina Merlino/Donne in Nero:
caterina.merlino@virgilio.it - Micaela
Serino/Donne in Nero/Plexus International:
micaela@frigomag.it
www.plexusforum.net - www.donneinnero.it
2. > IO NON CE LA FACCIO L’8 MARZO..., 6 marzo 2006, 12:23
LETTERA APERTA ALLE “ELEGGIBILI” E GLI “ELEGGIBILI”
DELL’UNIONE:
“USCITE VOI DAL SILENZIO”
La manifestazione di Milano del 14 gennaio 2006 è nata
sotto la spinta di un’insofferenza che andava molto
oltre la difesa della legge 194, della laicità dello
stato e di altre essenziali libertà individuali.
I due slogan più gridati nel corso della
manifestazione del 14 gennaio – “nessuno decida più
per noi” e “siamo uscite dal silenzio”, hanno indicato
quali sono i punti irrinunciabili di un soggetto
politico che realizza oggi un nuovo incontro, ma certo
non nasce oggi alla vita pubblica e nemmeno alla
parola, un soggetto formato da una molteplicità di
singole, ma anche da gruppi e associazioni, che ha
dietro di sé più di un secolo di storia e di fronte
una comunità di uomini tenacemente aggrappati ai loro
poteri, ai loro pregiudizi, alla loro maschera, sempre
più traballante, di neutralità.
Fondamentale per noi diventa perciò che venga
ripensata alla radice la collocazione che la politica
maschile da sempre ha riservato alla donna: soggetto
esterno/estraneo al contratto sociale, vincolata al
suo stato biologico e alla funzione riproduttiva,
individualità imperfetta e perciò costretta a vivere
della relazione con l’altro: moglie di, madre di,
figlia di; questa stessa ottica colloca adesso la
donna, arrivata ultima alla scena pubblica,
nell’elenco dei gruppi sociali considerati soggetti
deboli, svantaggiati, da proteggere e tutelare.
La nostra critica al programma dell’Unione parte da
qui, ovvero dall’assoluta continuità che dimostra con
la logica della donna soggetto debole, rifiutando di
vedere ciò che invece noi vediamo e abbiamo mostrato
nelle piazze di questi mesi, e cioè che le donne sono
la metà del mondo che sceglie liberamente ed esercita
responsabilità e non possono certo essere ridotte a
“questione femminile”.
Il programma dell’Unione ci ha innanzitutto stupefatto
per il tradimento dell’impegno già assunto sui Pacs,
che ci allontana dall’Europa laica e ignora quanto la
libertà delle persone si sia fatta strada, quanto i
soggetti diano importanza all’amore e
all’autodeterminazione anche quando ciò non rientra
nelle convenzioni e negli istituti sociali previsti.
Ma anche la frammentarietà sui temi del lavoro e
l’accento familista sulle politiche sociali motivano
la nostra critica.
E’ uno schema che non vede che le donne, quando
parlano di lavoro, dicono delle condizioni
dell’esistenza e rivendicano il nesso necessario tra
libertà di scegliere e libertà di essere; così quando
parlano di salute riproduttiva non difendono solo la
legge 194, ma partono dalla consapevolezza che la
libertà di disporre del proprio corpo è alla base di
tutte le libertà e della libertà di tutti.
Le donne giudicano oggi punto irrinunciabile e
preliminare un’effettiva eguaglianza di statuto tra
uomini e donne nella sfera politica, istituzionale e
sociale e ritengono inderogabile l’impegno ad adottare
misure immediate per il conseguimento della pari
presenza in tutti i campi decisionali a partire dal
governo del Paese.
Su questo orizzonte le donne che hanno manifestato a
Milano, a Roma e a Napoli hanno detto chiaramente che
dagli uomini non vogliono solidarietà, ma l’impegno a
volgere lo sguardo su di sé, a interrogare la propria
storia, a riconoscere i nessi tra logiche di guerra,
modi della politica, modelli di produzione e consumo.
Qualcuno lo ha fatto, in una relazione di condivisione
e corresponsabilità che – insieme alla forte presa di
parola delle donne più giovani e delle donne straniere
– è uno dei segni di novità delle piazze di questi
mesi.
Su tutto questo l’assemblea delle donne Usciamo dal
silenzio vuole confrontarsi con le “eleggibili” e gli
“eleggibili” dell’Unione: forma questa imposta da una
pessima legge elettorale che espropria gli elettori,
che delega ai soli partiti la definizione del
Parlamento, che ha visto, nella formazione delle
liste, una miserevole rappresentazione della presenza
di genere.
Vi chiediamo perciò di uscire dal silenzio, a partire
dalla prima, fondamentale domanda sul significato che
per ciascuna e ciascuno di voi hanno avuto le
manifestazioni del 14 gennaio e dell’11 febbraio.
Vi invitiamo anche a collegare questo quesito con
l’agenda proposta dall’elaborazione dei gruppi di
lavoro che l’assemblea Usciamo dal Silenzio si è data,
per meglio riflettere su alcune delle questioni chiave
emerse negli incontri di questi mesi e dalla piazza
del 14 gennaio.
E’ questo il primo passo di un impegno che noi
esigiamo: e cioè il confronto costante con gruppi e
movimenti esistenti, partendo dal presupposto che si
tratta di pratiche politiche che vanno riconosciute,
sostenute e considerate. E che giudicheranno, passo
passo e in piena autonomia di giudizio, le scelte che
voi compirete.
L’ASSEMBLEA DELLE DONNE USCIAMO DAL SILENZIO, 22
febbraio 2006
****
8 marzo giorno di lotta contro padroni, governo,
attacchi della Chiesa
MA SOPRATTUTTO SCIOPERO DELLE OPERAIE, DELLE
LAVORATRICI, DELLE
PRECARIE,DELLE DONNE PIU’ SFRUTTATE E OPPRESSE che
subiscono non una ma
tutte le "catene" di questo moderno medioevo.
Da Palermo a Milano il movimento femminista
proletario rivoluzionario sta
preparando iniziative di scioperi e di lotte
CHIAMIAMO LE COMPAGNE, LE LAVORATRICI, I COBAS E GLI
ORGANISMI DI BASE, LE
DELEGATE RSU DELLE ALTRE CITTA’ E POSTI DI LAVORO che
dopo le grandi
manifestazioni di Milano e Napoli non vogliono
ridurre l’8 marzo ad appelli
e incontri con i candidati del centrosinistra, a
organizzare scioperi e
mobilitazioni l’8 marzo.
Riportiamo alcune iniziative in preparazione:
A PALERMO, le lavoratrici del mfpr hanno già indetto
sciopero nei posti d=
i
lavoro, in particolare: CALL CENTER,
ALL’ITALTEL-CARINI, AL POLICLINICO,
inviando anche una lettera appello ai sindacati e
alle RSU - la fiom ha gi=
à
risposto.
Per la mattina dell’8 marzo, le lavoratrici in
sciopero e le precarie,
disoccupate faranno un presidio alla prefettura.
Inoltre, in occasione della giornata di lotta dell’ 8
Marzo proporranno all=
e
donne di un quartiere molto popolare di iniziare
anche una lotta per
riaprire uno spazio verde chiuso da anni (richiesta
fatta durante il giro d=
i
denuncia nel quartiere per le scritte).
A TARANTO, si prepara sciopero, corteo e presidio
alla prefettura, delle
lavoratrici delle Ditte di pulizia, in lotta contro
padroni e governo che
vogliono lasciarle, anche con il nuovo contratto, a
salari di fame e poche
ore,
delle lavoratrici delle ditte metalmeccaniche
Tecnogest e Servizi globali,
delle lavoratrici della Ditta Ladisa, contro la
precarietà del lavoro, e
delle lavoratrici dell’Ecopolis contro le
discriminazioni sul lavoro.
A RAVENNA in questi giorni le compagne e le
lavoratrici del mfpr stanno
facendo un’inchiesta, con presenza sul luogo, verso
le fabbriche della zona
di Fusignano, piccole fabbriche tessili e
calzaturificie, con prevalenza
quasi totale di giovani operaie e lavoratrici, e
davanti ai cancelli della
agritech, fabbrica alle porte di Ravenna, anche qui
con prevalenza di
lavoratrici.
Lanceranno l’appello allo sciopero alla SICIS dove le
lavoratrici sono
costrette a subire un pesante clima di oppressione e
di negazione dei più
elementari diritti sindacali.
La piattaforma dello sciopero viene mandata a tutte
le organizzazioni
sindacali, con l’invito ad aderire allo sciopero.
A MILANO è soprattutto verso le operaie della Sit
Siemens e dell’INT che =
si
sta preparando la giornata di lotta per l’8 marzo.
A BERGAMO con volantinaggi si sta portando la
proposta di sciopero alle
fabbriche Brembo e alla Candy-Donora, mentre si sta
preparando una
iniziativa verso l’Unione Industriali.
LA PIATTAFORMA DELLO SCIOPERO DELL’8 MARZO:
Contro:
- l’attacco di governo, Chiesa e forze
clerico-fasciste al diritto d’aborto=
;
- la trasformazione dei consultori in centri
confessionali di
controllo/repressione della scelta delle donne;
- la Legge 30, la negazione del lavoro, le
discriminazioni, i licenziamenti
per maternità, lo sfruttamento in lavori neri,
precari, part time,
sottopagati;
- le molestie sessuali sui posti di lavoro, il
mobbing di padroni e capi;
- la schiavizzazione delle donne immigrate,
supersfruttate o prostituite e
poi cacciate da leggi razziste;
- il carovita , la malasanità con il nuovo attacco
alla salute a alla ste=
ssa
vita delle donne, la mancanza di servizi sociali,
tagliati, privatizzati;
- la legge 40 per cui la vita delle donne vale meno
di un embrione.
- l’elemosina del bonus per fare più figli, di stampo
fascista;
- i maltrattamenti, le violenze sessuali, fino agli
assassinii sempre più
frequenti, proprio nella ’sacra famiglia’.
Per:
- la difesa del diritto d’aborto, per la gratuità e
ampliamento delle
strutture ospedaliere, consultori;
- la difesa strenua dei diritti e dignità delle
lavoratrici sul lavoro,
attuazione di leggi e contratti non applicati, per la
parità normativa e
salariale, considerando reato ogni indagine sullo
stato matrimoniale e di
maternità per assunzioni o licenziamenti;
- la cancellazione della Legge 30, la trasformazione
a tempo indeterminato =
e
pieno di tutti i contratti precari, part time, per un
lavoro vero;
- parità di diritti per le immigrate;
- aumenti salariali dignitosi, blocco dei prezzi
contro il carovita, diritt=
o
al lavoro e salario garantito per tutte le
disoccupate e le casalinghe;
- la gratuità degli asili e della scuola, sanità,
servizi sociali;
- la cancellazione della Legge 40;
- per centri gestiti dalle donne, di denuncia, lotta,
assistenza contro le
violazioni dei diritti, la violenza sessuale e
familiare.
Organizziamo scioperi, iniziative di lotta, assemblee
sui posti di lavoro,
mobilitazione delle lavoratrici precarie.
Coordiniamo e facciamo circolare le iniziative.
LAVORATRICI DEL MOVIMENTO FEMMINISTA PROLETARIO
RIVOLUZIONARIO
per comunicazioni e contatti: 347/5301704 -
mfpr@libero.it
**************=
Dalle Donne dello Sri Lanka
8 MARZO
GIORNATA INTERNAZIONALE DI LOTTA DELLA DONNA
We have to denounce for the 8th of March the
exploitation and
precariousness conditions in which italian and
immigrant women live.
We have to relaunch the fight to affirm our rights,
all together with
Iraqi and Palestinian women, which fight every day
against imperialism.
- Against the attack to the 194 law;
- Against the precariousness of job;
- Against robbery wars;
- Against the dominant social system which oppress,
exploit and divide
workers;
- Against the Bossi-Fini law.
Nous voulons faire de l’8 de mars une journée de
denunciation des
conditions d’exploitement et de précarité dans
lesquelles les femmes
italiennes et immigrées vivent.
Nous devons relancer la lutte pour l’affirmation de
notre droits,
ensemble aux femmes de l’Irak et de la Palestine, qui
luttent contre
l’impérialisme.
- Contre l’attaque à la loi 194 sur l’avortement;
- Contre la précarité du travail;
- Contre les guerres de vol;
- Contre la domination d’un système qui nous opprime,
exploite et divise;
- Contre la loi Bossi-Fini.
3. > IO NON CE LA FACCIO L’8 MARZO..., 6 marzo 2006, 12:34
"RETE DELLE DONNE AFRICANE PER LA PACE"
In occasione della Festa della Donna dell’8 marzo, il Coordinamento per il Sostegno a Distanza La Gabbianella ha organizzato una serie di iniziative a Roma e Provincia, nonchè in diverse città italiane,volte a promuovere il Progetto della RETE delle Donne Africane per la Pace.
In questo contesto, dal 6 al 14 marzo p.v., La Gabbianella e le Associazioni partner del progetto, ospiteranno più di dieci donne africane appartenenti alla RETE che verranno a Roma per confrontarsi sulle sfide da affrontare, insieme, nei loro paesi. Si prevede la presenza delle
rappresentanti dei seguenti paesi: Benin, Burundi,Congo, Mozambico, Rwanda, Senegal, Sudafrica, Sudan.
I principali obiettivi dell’incontro delle donne africane in Italia sono i seguenti:
- informare l’Opinione Pubblica sulla situazione di discriminazione e sui diritti negati alle donne in Africa;
- far conoscere l’enorme lavoro e le tante iniziative che, specialmente nelle realtà più difficili, le donne africane portano avanti per lo sviluppo socio-economico delle loro comunità;
- partendo dalle singole esperienze delle donne in Africa, avviare una riflessione sul ruolo delle donne rispetto ai problemi del nostro tempo: povertà, pace, rispetto dell’ambiente, formazione delle nuove generazioni , valorizzazione delle diversità etniche, religiose,economiche, culturali;
- promuovere il primo progetto nato dalla RETE: la "Casa della Pace e della Riconciliazione in Rwanda";
- avviare fra le donne africane immigrate nel nostro paese, la costituzione di una Rete delle Donne Africane per la Pace Italiana, che possa contribuire e arricchire l’operato della RETE
Africana;
- favorire la realizzazione in Italia di 1.000 Sostegni a Distanza per garantire lo sviluppo della
RETE e i relativi programmi di formazione professionale delle donne africane nei loro paesi.
PERCHE’ UNA "RETE DELLE DONNE AFRICANE PER LA PACE"?
Durante la manifestazione Italia Africa, tenutasi a Roma nel mese di Maggio 2005, alcune donne africane provenienti dal Rwanda,dal Sudafrica e dal Sudan - tutte impegnate da anni in progetti concreti a favore della promozione dei diritti delle donne - si sono incontrate nella Capitale.
In quell’occasione, hanno espresso il desiderio di poter essere aiutate nella costituzione in Africa di una "RETE di Donne Africane", allo scopo di vedersi più unite nell’affrontare le moltiplici sfide che hanno in comune , quali: la formazione professionale, l’accesso al mercato del lavoro, la difesa della pace, l’instabilità sociale, politica ed economica esistente in molti dei Paesi in cui vivono.
Il Coordinamento per il Sostegno a Distanza La Gabbianella e 12 Associazioni partner del settore, hanno subito risposto al loro appello e, poco dopo, sono state poste le basi per la nascita della RETE delle Donne Africane per la Pace.
Oggi, donne che vivono in diversi Paesi africani2 hanno preso parte alla RETE, costituendosi ognuna come coordinamento per le donne e le associazioni di settore attive nella loro regione. I principali obiettivi della RETE sono:
* aprire in ciascun Paese una CASA delle Donne Africane per la Pace quale punto di riferimento nazionale e di collegamento continentale e internazionale;
* svolgere corsi di alfabetizzazione e di formazione per favorire l’inserimento delle donne nel mercato del lavoro;
* sostenere e sviluppare attività economiche per favorire l’autosufficien za delle donne;
* raccogliere e divulgare informazioni ed esperienze di rilievo sulle loro attività, sia all’interno della RETE che all’esterno, soprattutto attraverso il contributo della società civile:
associazioni di settore, studenti e docenti di scuole di ogni ordine e grado,
università, professionisti dei media, etc;
* favorire momenti di confronto e di riflessione su temi quali: la tutela dei diritti delle donne, il valore della solidarietà,la promozione di una pace duratura e lo sviluppo sostenibile in Africa.
Di seguito, il programma delle iniziative organizzate dal 8 al 13 marzo:
Mercoledì 8/3 ore 10.00 Incontro con il Comune di Roma, Campidoglio, Sala G. Cesare
ore 11.00 Incontro con le donne africane e la Provincia di Roma - Palazzo
Valentini, Sala del Consiglio, Via VI Novembre 119
ore 20:30 Festa "RETE delle Donne Africane per la Pace", Centro Baobab, Via Cupa 1, Roma.
Venerdì 10/3 ore 19.00 Festa all’Angolo di Avventure
nel Mondo - Roma, Lugotevere Testaccio 10
Sabato 11/3 ore 9.00 Comune di Roma, Sala della Protomoteca - Roma:
Convenzione Cittadina sulla Solidarietà Internazionale
Domenica 12/3 pomeriggio Partecipazione alla trasmissione televisiva "Alle Falde del Kilimangiaro".
Lunedì 13/3 ore 12:00 Conferenza stampa a conclusione dell’evento:Campido glio,
Sala dell’Arazzo, via San Pietro in Carcere, alla presenza dell’assessore alle politiche per la semplificazione,la comunicazione e le pari opportunità, Mariella Gramaglia.
Per maggiori informazioni contattare:
Anna Maria Ruggiero
Tel/Fax:06/483381
1 AINA, COMITATO DI SOLIDARIETA’ CON IL POPOLO
ERITREO, ENERGIA PER I
DIRITTI UMANI, ESSEGIELLE, FONDAZIONE DON ORIONE,
GRUPPO ALEIMAR, IL NOCE,
M.A.I.S., MONDINCONTRO, PROGETTO RWANDA, SEV ORIONE
’84, VOCI DELLA TERRA.
2 Angola, Benin, Burundi, Congo RD, Costa d’Avorio,
Eritrea, Kenya,
Mozambico, Rwanda, Senegal, Sudafrica, Sudan
1 Mondo di donne
Donne migranti e native, per un mondo di diverse e
uguali
si incontrano per
LA FESTA DELL’8 MARZO
MERCOLEDI’ 8 MARZO DALLE ORE 18,30 IN POI
Presso l’ex-Opis ASL LE/1
Polo didattico
Via Miglietta 5 - Lecce
Con il patrocinio della Provincia di Lecce –
Assessorato promozione
integrazione e cultura della
pace
Una FESTA DELL’ 8 MARZO plurale, fatta e raccontata
dai volti e dalle parole di donne diverse, diverse
nel
colore della pelle, nella lingua, nelle abitudini e
nelle storie vissute; un 8 marzo in cui vogliamo
cominciare un percorso comune, intrecciando le
diverse
storie per costruire una prospettiva di dialogo e di
iniziative, per portare dentro la società un’altra
idea di convivenza e di relazione: quella fondata sul
riconoscimento della diversità: di lingua, di colore
della pelle, di idee e scelte di vita; una convivenza
che non solo accetta lo scambio tra culture ma ne fa
una ragione di ricchezza umana e sociale.
Da questo obiettivo siamo partite, avviando un
percorso comune che ci ha portato, donne leccesi e
migranti, a proporre a tutte e tutti la FESTA DELL’8
MARZO MULTICULTURALE
PROGRAMMA
Donne del mondo a confronto: racconti di vita ed
esperienze attraverso le testimonianze e i video
Video: “dasma”: scene da un matrimonio albanese
“Il ruolo della donna nel Camerun”
“ La precarietà è donna”
“ Usciamo dal silenzio”
Fotografia
La donna nella realtà contadina albanese
Sogni di donne
Performance
Dietro le unghie
Le Esportate
Musica, esibizioni, balli tipici
Esibizione di Kaftan
Danza del ventre
Danze e musica Rom
Pizzica salentina
Ritmo de Cuba
Danza e musica brasiliana
Gusti dal mondo
Piatti e bevande etniche
Mercatino del Commercio Equo e solidale
ASSOCIAZIONI PRESENTI E CHE HANNO ORGANIZZATO
L’INIZIATIVA:
ARCI Provinciale
Ass. "Donne e Popoli del Mondo"
Ass. “Culture Migranti”
Ass. “Esportazione senza filtro”
Ass. “Oltre le frontiere” – Anolf
Ass. albanese “Vellazérimi”
Ass. Biblioteca di Sarajevo
Ass. cubana “Josè Marti”
Ass. Culturale brasiliana “Lebrança Negra”
Ass. Culturale Mera Menhir
Ass. Donne senegalesi “ Linguere”
Ass. marocchina “Al Mohajira”
C-Arte – Associazione culturale
Centro Multiculturale “Etnos”
Cobas Scuola
Collettivo “Figlie di Eva” Forum delle donne del
P.R.C.
Soc. Coop. Commercio Equo e solidale
AWMR Ass. Donne Mediterraneo
Special guest: Caterina Gerardi con il video “Usciamo
dal silenzio”
4. > IO NON CE LA FACCIO L’8 MARZO..., 6 marzo 2006, 12:37
SÌ... ANCORA L’8 MARZO
perché... allora... l’8 marzo 1908 a New York venne
appiccato il fuoco ad una fabbrica tessile in cui
erano state rinchiuse 129 operaie in sciopero da
giorni: morirono tutte!!
perché… oggi… le donne e le bambine possono ANCORA
bruciare nei luoghi di lavoro (Bangladesh 24 febbraio
2006) e nel mondo globalizzato il loro lavoro, che per
l’ONU rappresenta il 70% dell’attività umana, per
troppe ANCORA è "precario, flessibile, temporaneo"
purché conciliabile con quello domestico o di cura!
perché... allora... fino al 6 marzo 1996 in Italia lo
stupro veniva considerato un reato contro la moralità
pubblica ed il buon costume e non contro "la persona",
la violenza sulle donne un fatto privato da tenere
nascosto o risolto nelle mura di casa
perché... oggi... lo stupro trova ANCORA delle
attenuanti: i jeans provocanti, la verginità
"vergognosamente" perduta, l’essere una moglie o una
suora, mentre tra le mura domestiche le percentuali
dei maltrattamenti alle donne hanno ANCORA cifre
vertiginose anche nella nostra civilizzata Europa
perché... allora... fino al 22 maggio1978 l’aborto era
considerato un reato commesso dalla donna e gli aborti
clandestini procuravano centinaia di vittime, salvo
frequentare le lussuose cliniche dei "cucchiai d’oro"
perché... oggi... dopo aver smesso di investire
risorse e progettualità su tutte le strutture
pubbliche definite "a sostegno" della maternità e
della famiglia come i Consultori familiari, si vuole
ritornare al passato modificando al legge
sull’interruzione della gravidanza dopo aver già
gravemente invaso la libertà femminile di procreare
con la autoritaria legge sulla fecondazione assistita
.
perché... oggi... come... allora «una donna vittima di
stupro di guerra è scelta perché è una donna e quindi
un elemento nemico» (Contro la nostra volontà, Susan
Brownmiller, 1976)
perché... oggi... come allora dalla Palestina
all’Afghanistan, dalla Colombia all’Iraq, dalla
Cecenia all’Uganda sono le donne e i bambini le
vittime principali di una violenza non casuale ma
ordinata tollerata e perdonata
perché... allora... fino al 2 giugno 1946 le donne
dovettero attendere per poter votare in Italia
perché... invece... oggi come allora le donne hanno
parlato da sole o dentro le loro reti di relazione
A VOLTE HANNO SCELTO IL SILENZIO
COME STRUMENTO DI AZIONE POLITICA E DI RESISTENZA
NONVIOLENTA
A VOLTE SONO STATE COSTRETTE AL SILENZIO
DA CHI NON AMMETTE UNA VOCE DIVERSA DALLA PROPRIA
A VOLTE HANNO ROTTO IL SILENZIO DELLA COMPLICITA’
ALLEANDOSI CON CHI HA AVUTO IL CORAGGIO DI NON TACERE
A VOLTE HANNO DOVUTO GRIDARE PER FARSI ASCOLTARE
DA CHI NON VOLEVA NÉ SENTIRE, NÉ VEDERE
A VOLTE SONO SCESE E SCENDONO ANCORA IN PIAZZA
PER ESSERE PROTAGONISTE VISIBILI DELLA LORO STORIA E
PER AFFERMARE CON FORZA IL LORO DESIDERIO
DI ESSERCI, DI ESSERE LIBERE, DI VIVERE, DI CONVIVERE,
DI CONDIVIDERE.
IL 14 GENNAIO, L’11 FEBBARIO E
QUESTO 8 MARZO... ANCORA!!!
Coordinamento comasco Marcia mondiale delle Donne
contro la guerra, la violenza e la povertà (Donne in
nero, Telefono donna, Assemblea permanente delle donne
FP CgiL, Donne DS, Forum delle donne PRC, Donne
Verdi), Socialismo Rivoluzionario (Como), Arci
provinciale
5. > IO NON CE LA FACCIO L’8 MARZO..., 6 marzo 2006, 12:40
8 marzo 2006
Giornata internazionale delle donne
§ Fine immediata dell’occupazione militare dell’iraq;
§ Basta con gli stupri, le torture, le violazioni dei diritti umani, le deportazioni, le carceri segrete e lo sterminio di civili.
FUORI LA GUERRA DALLA STORIA!
La guerra non ha colore
Se mai ne ha uno ha quello dell’orrore
Raccogliamo gli appelli internazionali per una giornata di pacifico urlo contro la guerra davanti alle ambasciate USA in tutto il mondo (appello CodePink e Cindy Sheehan)
Sit-in davanti all’ambasciata U.S.A. a Roma via Veneto
Mercoledì 8 marzo 2006 dalle ore16 alle 18
Invitiamo tutte le donne e gli uomini a partecipare
March 8, 2006
International Women’s Day
§ An immediate end to the military occupation of Iraq;
§ A permanent end to torture, human rights violations, extraordinary rendition, secret prisons and civilian massacres.
BAN WAR FROM HISTORY!
If war is not evil,
then evil has no meaning
We support the international appeals for a day of protest against war to be held at U.S. Embassies throughout the world (CodePink and Cindy Sheehan).
Protest in front of the U.S. Embassy in Rome via Veneto
Wednesday, March 8,2006 fro 4 to 6pm
We call on women and men to participate
Associazione Federativa Femminista Internazionale (AFFI)-Bastaguerra-Donne in nero-U.S.Citizens for Peace &Justice-Women’s International League for Peace and Freedom (WILPF)
Per maggiori informazioni: ccidonne@tiscalinet.it info@peaceandjustice.it
6. > IO NON CE LA FACCIO L’8 MARZO..., 6 marzo 2006, 12:49
8 MARZO 2006
Giornata Internazionale della Donna
Non solo una festa, ma una giornata di lotta
VIAREGGIO
C.R.O. Darsene, Via Coppino
ore 20
BUFFET
ore 21
proiezione del film
IL SEGRETO DI VERA DRAKE
di Mick Leigh (GB, 2004)
***
Laboratorio Marxista
Contro l’attacco trasversale al diritto d’aborto, per l’autodeterminazione della donna
Circolo Iskra
Scheda del film "Il segreto di Vera Drake"
Contro l’attacco trasversale al diritto d’aborto, per l’autodeterminazione della donna
Nella primavera del 1995 il candidato del centro-sinistra per le elezioni politiche dell’aprile ’96, Romano Prodi, risponde all’Enciclica papale "Evengelium Vitae" - in cui si definisce l’aborto "delitto abominevole" - con tre "parole d’ordine": prevenzione, dissuasione, applicazione.
Secondo Prodi, fatta salva formalmente l’autodeterminazione della donna, la legge 194/78 sull’interruzione volontaria di gravidanza poteva essere rivista agendo su questi tre elementi.
Nel giugno 1995 si svolge a Roma una grande manifestazione nazionale - dal titolo "Per non tornare indietro" - in cui la sinistra scende in piazza per manifestare il proprio sdegno contro gli anatemi anti-abortisti della Chiesa e contro i progetti di legge presentati nei mesi precedenti dai deputati di AN, CCD e PPI che - guarda caso - puntavano precisamente sui concetti di persuasione e prevenzione in merito al tema dell’interruzione volontaria della gravidanza.
Al tempo, il governo "Berlusconi 1" era già caduto e da 6 mesi aveva avuto inizio il governo "tecnico" di Lamberto Dini, con Tiziano Treu ministro del lavoro e Susanna Agnelli agli Affari Esteri (e a garanzia dell’appoggio al governo del grande capitale industriale e finanziario italiano); Mentre Dini portava a compimento, con l’appoggio esplicito di D’Alema, Buttiglione e Bossi, la riforma delle pensioni proposta quando era ministro del governo Berlusconi, e Romano Prodi si preparava a vincere le elezioni, tenutesi nella primavera del 1996.
Sono trascorsi 11 anni da quella manifestazione e da quelle 3 emblematiche parole in tema di aborto; ci troviamo di nuovo con Romano Prodi candidato del centro-sinistra per le prossime elezioni politiche e con un attacco in corso al diritto di aborto alimentato dalla sconfitta - nel giugno 2005 - al referendum sulla Procreazione Medicalmente Assistita (Legge 40/2004). Il risultato di quella sconfitta è stato quello che attualmente è in vigore in Italia una sorta di "unicum" a livello europeo in materia di vita umana, famiglia, ricerca scientifica e diritto all’autodeterminazione della donna.
La legge 40, infatti, sottende una concezione delle relazioni sociali, della famiglia, della vita. pienamente consona ai diktat della Chiesa cattolica e del sistema capitalistico. Basti pensare al riconoscimento della "personalità giuridica" dell’embrione che rappresenta un esplicito tassello dell’attacco al diritto di auto-determinazione della donna in tema di maternità.
Inoltre, non fa mai male ricordarlo, si tratta di una legge approvata da "uno schieramento politico istituzionale trasversale che va dai partiti del centro-destra fino a partiti del centro-sinistra" (vedi Controvento n.10, Foglio di controinformazione politica).
Nell’autunno 2005 il nuovo Papa, in perfetta continuità con la "politica" vaticana del suo predecessore Giovanni Paolo II, prosegue la lotta della Chiesa cattolica contro la "non cultura della vita" e la "grave piaga sociale dell’aborto"; contemporaneamente la Conferenza Episcopale Italiana (CEI) interviene esortando i giovani a guardare "con fiducia" alla famiglia e al matrimonio.
Certo, viene da chiedersi come si possa guardare "con fiducia" al futuro se il futuro dei giovani è fatto di negazione dei diritti sociali, di flessibilità, di precarizzazione del lavoro e della vita.
Per non parlare delle politiche di massacro sociale degli ultimi decenni, condotte attraverso licenziamenti e ristrutturazioni, carovita, tagli e privatizzazioni dei servizi sociali, tra i quali anche i consultori che rappresentano una importante conquista delle donne (a questo proposito va ricordata la recente delibera della Giunta Regionale della Lombardia che ha revocato l’autorizzazione di 2 consultori familiari pubblici e ha accreditato l’attività di 3 strutture private).
Nel novembre 2005 il Ministro (fascista) della Salute, Francesco Storace, propone di inviare nei consultori volontari anti-abortisti con il compito di dissuadere le donne dall’interrompere la gravidanza. La proposta viene subito raccolta dall’UDC che suggerisce anche l’apertura di una commissione parlamentare con l’incarico di redigere un’indagine conoscitiva sull’attuazione della legge 194 - autorizzata in tempi record dal Presidente della Camera dei Deputati Casini - ma con lo scopo evidente di riaprire la questione dell’aborto.
Contro questa escalation di dichiarazioni ed atti sul "tema aborto" il 14 gennaio di quest’anno, seppure in campagna elettorale, viene indetta una grande manifestazione nazionale che si svolge a Milano alla quale partecipano decine di migliaia di donne.
Anche per noi la legge 194 dovrebbe essere rivista, ma nel senso di eliminare le parti - come quella relativa all’obiezione di coscienza - che già all’epoca della sua approvazione configuravano questo testo legislativo come complessivamente limitato e moderato.
Tuttavia, resta innegabile la portata della legge 194, che peraltro impiegò 2 anni prima di essere approvata, a causa delle forti opposizioni e degli emendamenti avanzati da democristiani e missini.
Prima del 1978, la legge in vigore in tema di aborto risaliva al codice fascista Rocco (il nostro attuale codice penale.), nella quale l’aborto veniva definito "delitto contro l’integrità e la stirpe" e punito con pene detentive da 5 a 12 anni, sia per chi si sottoponeva all’interruzione della gravidanza, sia per chi lo procurava.
Ciononostante, ogni anno in Italia circa tre milioni di donne abortivano e ventimila morivano.
Cifre ufficiali, queste, che non tenevano conto delle migliaia di decessi falsificati a causa del timore, da parte di chi li aveva procurati, di finire in carcere.
Molto spesso gli aborti venivano praticati dagli stessi medici che ufficialmente si dichiaravano contrari per ragioni morali, ragioni che mettevano poi da parte in cambio di profumati compensi.
Esattamente quello che purtroppo continua a succedere ancora oggi, dove la maggior parte del personale medico, avvalendosi del diritto di sollevare "obiezione di coscienza", non pratica aborti nelle strutture pubbliche, ma lo fa in quelle private, a pagamento. Secondo dati relativi all’anno 2003, in Italia il 57,8 % dei ginecologi, il 45,7 % degli anestesisti e il 38,1% del personale non medico pratica l’"obiezione di coscienza".
Di questa situazione dobbiamo ringraziare il fatto che in Italia è consentito svolgere attività sanitaria contemporaneamente nel pubblico e nel privato, incrementando l’ovvia tendenza da parte degli operatori del settore ad accaparrarsi clienti negli ospedali e strutture pubbliche da incanalare poi, sotto il "ricatto" della salute, verso il fruttuosissimo canale privato.
Prima dell’approvazione della legge 194, le donne non abbienti erano costrette ad affidarsi alle cosiddette "mammane" che praticavano gli aborti con strumenti rudimentali ed in assenza di qualsiasi condizione igienica. A partire dal 1973, in seguito alle numerose denunce relative alla morte di donne durante aborti clandestini nonché ad alcuni casi "politici" - tra i quali quello di una operaia rimasta senza lavoro a causa del processo penale subito per un aborto praticatole all’età di 17 anni - inizia una forte campagna di denuncia contro padroni, Stato, Chiesa e medici.
Ha inizio così una grande stagione di lotta che farà scendere in piazza migliaia e migliaia di donne e porterà alla fine al riconoscimento di un diritto - che possiamo tranquillamente definire democratico, non certo rivoluzionario, se non per il costume moralistico imposto dalla Chiesa - come quello di permettere alle donne di decidere sul proprio corpo e sulla propria vita.
Ma fin dalla sua approvazione la legge 194 non ha mai avuto tregua.
Dopo il fallimento del referendum abrogativo del 1981, periodicamente si sono ripetuti attacchi e tentativi di revisione nei confronti di questo testo legislativo; attacchi provenienti, oltre che dal mondo clericale e fascista più bigotto, anche da settori che oggi definiamo di centro-"sinistra" - come ad esempio la Margherita e altri - che infatti hanno appoggiato la legge 40/2004 sulla Procreazione Medicalmente Assistita (che, come detto, introduce la "capacità giuridica" dell’embrione, alimentando così il leit motiv delle campagne anti-abortiste e cioè l’equiparazione dell’embrione ad essere umano titolare di diritti da far valere, eventualmente, in contraddizione con quelli della donna - nella fattispecie, il diritto all’aborto -).
Come abbiamo spesso ripetuto, neppure di fronte a temi che riguardano principalmente le donne, come il diritto di aborto, le donne sono tutte uguali. E non lo sono perché gli interessi di cui le donne sono portatrici non sono uguali, perché i contesti sociali, culturali ed economici in cui può verificarsi una gravidanza non desiderata non sono uguali; perché le donne appartengono a classi sociali che non sono uguali.
Per questo, anche il formarsi di quelle che possono apparire oggettive "convergenze trasversali" agli schieramenti politici e di classe su temi come aborto, pari opportunità o procreazione medicalmente assistita devono essere comunque lette all’interno di una visione più generale in cui le "convergenze trasversali" cambiano, componendosi e ricomponendosi in forma diversa su altri temi (come l’attacco ai diritti dei lavoratori, l’appoggio alla guerra imperialista, la ristrutturazione capitalistica, ecc.).
Il vero punto politico attorno a cui ruota questo nuovo attacco alla legge 194 sta, più che nell’eliminazione di questo diritto (eliminazione che oggi appare ancora altamente improbabile), nel tentativo di imporre progressivamente il terreno culturale ed ideologico per il "ritorno a casa" delle donne, in una fase storica di peggioramento oggettivo delle condizioni di vita e di lavoro, nonché di riduzione dei posti di lavoro - e si sa che le donne sono le prime ad essere espulse dal ciclo produttivo -.
Mentre le aziende de-localizzano verso paesi a maggiore tasso di sfruttamento della forza-lavoro e nello stesso tempo introducono forza-lavoro immigrata per aumentare il profitto, mentre tutti i governi - siano essi di centro-destra o di centro-sinistra - portano avanti identiche politiche di massacro sociale e di guerra (in Jugoslavia come in Iraq) necessarie per assicurarsi risorse e capitali da investire. torna la fanfara sulla "famiglia perno della società" attorno alla quale richiamare la donna dal ciclo produttivo alla procreazione e alla cura di figli e anziani, sollevando contestualmente lo Stato dai suoi impegni sociali. E così la salvaguardia della logica del profitto è servita !
8 marzo 2006
Le compagne e i compagni del Laboratorio Marxista
*****
La scheda del film prodotta dalle compagne e i compagni del Circolo Iskra di Viareggio
Il segreto di Vera Drake
Viviamo oggi in una fase storica e politica caratterizzata dall’attacco sempre più incalzante nei confronti dei diritti delle donne e, tra gli altri, al diritto di aborto.
E’ come se alcune forze cercassero di portare indietro le lancette della storia per respingere le donne - e quindi l’intera società - indietro di decenni, all’epoca degli aborti clandestini praticati in condizioni igienico-sanitarie e psicologiche estremamente pericolose.
Sì, perché quello che non si dice mai abbastanza, è che una eventuale eliminazione della legge che permette l’interruzione volontaria della gravidanza (in Italia è la n.194 del 1978) avrebbe come effetto solo quello di rendere illegale, ma non di eliminare, l’aborto che continuerebbe (e tornerebbe) ad esistere come pratica clandestina (con tutto quello che questo comporterebbe per la salute fisica e per la serenità psicologica delle donne).
Il segreto di Vera Drake, del regista Mick Leigh, ci riporta, appunto, agli anni dell’aborto clandestino nella Londra degli anni ’50 e lo fa mostrandoci una visione tutto sommato non traumatica, collocata in un contesto che potremmo definire di solidarietà.
Il film
".racconta una storia ambientata nella Londra del dopoguerra. Vera Drake è una domestica apprezzata ed amata da tutti. Ha un marito, Stan, due figli adulti Ethel e Sid. Non sono ricchi ma sono felici ed uniti. Vera è una persona positiva e molto attiva. Aiuta le persone bisognose del suo quartiere, assiste la madre malata ed è sempre disponibile verso il prossimo. Svolge però un’altra attività che tiene segreta a tutti, anche all’amato marito. Vera aiuta giovani donne ad abortire, senza chiedere alcun compenso solo con l’intento di evitare loro le gravi conseguenze di una gravidanza indesiderata. Un giorno però, uno di questi interventi non ha successo e la ragazza viene ricoverata in ospedale dove, inevitabilmente, l’attività segreta di Vera viene alla luce"[1].
Il registra mette a contrasto l’aria serena e dolce della protagonista - che si muove con naturalezza nella sua dimensione di donna che aiuta altre donne, canticchiando e offrendo tè - con la portata di una scelta che supera la questione della "legalità" e, ancora di più, quella della "legittimità", dell’aborto.
Il fatto che Vera non riceva denaro per i suoi "aiuti" fa crescere la simpatia e la solidarietà dello spettatore nei confronti della protagonista e, per riflesso, nei confronti delle sue scelte (come quella di praticare interruzioni di gravidanze attraverso metodi artigianali e potenzialmente a rischio).
Quello che interessa al regista, evidentemente, non è tanto il perorare la causa del diritto d’aborto - logica conseguenza dell’impostazione di cui abbiamo appena detto - quanto piuttosto di sottoporre alcuni elementi di riflessione.
Il film, ad esempio, non nasconde che la clandestinità - come in genere tutti i proibizionismi e le illegalizzazioni di pratiche di massa - producono il fiorire di mercati neri e sfruttamenti vari. E lo fa attraverso la figura della donna che si fa pagare (Lily), cinica.
In questa contrapposizione ideale tra Vera e Lily si evidenzia la scelta di mostrare il personaggio positivo di Vera (che aiuta senza compenso le donne quando "sono in difficoltà") contro il personaggio negativo della donna (che invece chiede denaro nello stesso modo in cui porta avanti i suoi piccoli traffici).
Il film propone una serie di "messaggi" il più importante dei quali è senza dubbio quello che mostra come la differenza economica che sussiste tra donne di diverse classi sociali si riproduca poi nelle condizioni in cui queste donne affrontano il momento dell’aborto.
La ragazza di famiglia ricca che viene violentata e decide di abortire vive la propria esperienza in modo totalmente differente - aldilà del suo personale dramma - rispetto alle altre donne: maggiore cura psicologica e maggiore sicurezza innanzitutto.
Questo passaggio del film non propone un punto di vista del ma registra piuttosto quella che è stata una esperienza vissuta da migliaia di donne che, a causa della clandestinità, si sono trovate a rischiare la vita.
Ma ci sono anche altri passaggi che possono essere ricondotti al tema della differenza sociale. La cognata che agogna la maternità viene contrapposta idealmente alla donna povera che non vuole altri figli.
Ed anche la "comprensione istintiva" espressa da Ridge, fidanzato della figlia, quando dice
Non mi sembra giusto. Prendi mia madre: stavamo in sei in due sole stanze. Va tutto bene se sei ricco, ma se non riesci a sfamarli non riesci neanche ad amarli.
vuole essere una constatazione di come la maternità possa essere percepita in modo completamente diverso da donne diverse in situazioni diverse e, quindi, di come essa non sempre possa essere accolta come un "lieto evento".
Proprio nel mostrare l’estrema varietà di situazioni personali e di approcci psicologici alla scelta dell’aborto il film ci offre di esso una visione non stereotipata e non legata all’idea del dramma (come sistematicamente ci viene proposto). L’aborto non è sempre dramma e anche quando lo è (perché scelto a seguito di violenze o situazioni comunque insostenibili) non deve essere caricato di valenze esasperate
"Ora avrete senz’altro sentito dire (senz’altro, perché la guardate troppo quella televisione): «l’aborto è comunque una tragedia». Balle. Lo è soltanto se lo si sovraccarica psicologicamente. E datemi retta: drammatizzano perché vi vogliono male, vogliono farvela pagare, vogliono che vi sentiate in colpa, che soffriate. Non gliela date vinta: è propaganda, credete a me. Dunque sdrammatizziamo"[2].
La seconda parte del film è interamente dedicata all’impatto che l’arresto di Vera ha sulla propria famiglia, allo scontro con il figlio che all’inizio non comprende la scelta della madre (scelta che si capisce ha invece origini lontane, nell’infanzia della protagonista).
[1] http://filmup.leonardo.it/ilsegretodiveradrake.htm
7. > IO NON CE LA FACCIO L’8 MARZO..., 6 marzo 2006, 12:52
Maria Turchetto, Lettera di una vecchiaccia cattiva alle brave ragazze
*****
Questa lettera è stata scritta dalla studiosa marxista Maria Turchetto in occasione del referendum sulla Procreazione Medicalmente assistita dello scorso anno.
Lettera di una vecchiaccia cattiva alle brave ragazze
Care ragazze,
sono così vecchia che ho votato al referendum sull’aborto. Quella volta si trattava di mantenere in vigore una legge abbastanza buona contro una campagna clerico-democristiana assai veemente. I toni erano molto simili a quelli di oggi. Chi voleva abrogare la legge 194 del 1978 che consentiva l’"interruzione volontaria della gravidanza" - in sigla IVG, perché "aborto" pare una brutta parola - faceva discorsi metafisici sull’inizio della vita: erano naturalmente preti, destri e democristiani e, come oggi, sussiegosi filosofi che per l’appunto amavano discettare di metafisica, ma ai quali io non avrei chiesto nemmeno come si infila correttamente un preservativo, tanto apparivano poco esperti di queste faccende. Un nome per tutti: Norberto Bobbio, all’epoca difensore della Vita, successivamente fautore delle Guerre Giuste. Proprio come di questi tempi Marcello Pera: salviamo gli ovociti e ammazziamo quei beduini miscredenti. Ma non rivanghiamo.
Sull’altra sponda, i difensori della legge - anche allora con meno mezzi e meno spazio sui media, ma forse un po’ più determinati e sicuramente più sostenuti dai politici sinistri e centrosinistri - portavano avanti ragioni eminentemente pratiche. La legge - dicevano - non "introduceva" l’aborto, l’aborto si faceva da tempo immemorabile, ma era in mano ai "cucchiai d’oro" delle cliniche private, per chi poteva permetterseli; oppure alle mammane coi ferri da calza e gli abortivi tossici, per le poveracce; oppure, negli ultimi tempi e solo per le più sgamate, ai gruppi di femministe e radicali che praticavano clandestinamente i primi Karman - veri eroi, credetemi. La legge aveva il merito di garantire l’aborto nelle strutture pubbliche, dando a tutte le donne il diritto a una assistenza medica adeguata e alla riservatezza: per questo andava mantenuta.
Un argomento, tuttavia, anche questo molto pratico, rimase piuttosto in ombra, quasi nessuno avesse il coraggio di affrontarlo: perché una donna può voler abortire? A parte il caso limite, che ogni tanto veniva evocato, del rifiuto della donna violentata di avere un figlio dal proprio stupratore, questo aspetto non venne affatto approfondito.
Coraggio, facciamolo ora.
Per una donna, trovarsi incinta senza rimedio può essere psicologicamente insostenibile in moltissimi casi - e intendo casi comuni, comunissimi, non necessariamente vicende da romanzo strappalacrime o da cronaca nera. Può essere veramente tremendo. Ragazze, non dovete credere a quella roba che vi propina la televisione: «Caro, devo dirti una cosa...» «Ma è meraviglioso, tesoro!». Non è così che funziona nella vita. Mi raccomando, ragazze: siate prudenti, prudentissime! Evviva il preservativo, e guardate che la pillola non fa male coi dosaggi che ci sono adesso (a proposito, lo sapete, vero, che la chiesa è contraria anche a queste cose, e che la "pillola del mese dopo" non è nemmeno commercializzata in Italia perché le case farmaceutiche non ci pensano proprio a scatenare beghe col Vaticano). Siate prudenti, perché una gravidanza indesiderata può essere un guaio davvero. Soprattutto per le donne giovani e per le donne anziane.
Per le donne giovani: studi interrotti, scelte di lavoro sacrificate, matrimoni precipitosi con partner che non si conoscono abbastanza, o che magari si conoscono fin troppo bene per quegli stronzi che sono, scenate in famiglia, parenti che si intromettono. E l’idea, comunque, di una svolta irreversibile: fine del divertimento, prematuro e irreversibile inizio dei doveri e dei sacrifici. «Femmine un giorno e poi madri per sempre», cantava De André in una strofa che mi ha sempre fatto correre i brividi giù per la schiena. Mica facile da affrontare, l’idea.
Sono cattiva? Dal punto di vista di chi inzeppa di sacrifici l’aldiquà e rinvia la gioia all’aldilà, senz’altro. Cattiva, egoista, edonista. Ma che volete, io penso che la vita è solo questa, terrena e breve. Su questa giostra si fa un giro solo.
Ragazze care, lasciatevi dare un consiglio: finché siete giovani e carine, datela. Non state ad aspettare il principe azzurro, l’uomo perfetto: vi andrà di lusso se beccherete qualche uomo normale. Datela in giro, fate esperienza, è difficile trovare l’uomo giusto al primo tentativo, ma prendersi e lasciarsi alla vostra età non è una tragedia, anzi, è decisamente educativo. Imparate che comunque bastate a voi stesse, e che c’è ampia scelta. Datela, datela in giro e datela allegramente, con le precauzioni di cui sopra.
Poi, quando sarete diventate più forti e mature, quando i vostri gusti saranno più precisi e le vostre scelte di vita e di lavoro quantomeno abbozzate, bene: allora fate pure coppia fissa, sperimentate bene il partner, assicuratevi che non sia uno stronzo, e a questo punto - se vi va - figliate. Pensateci bene e soprattutto decidetelo voi, perché sarete comunque voi, nel bene e nel male, a pupparvi i figlioli. Lo so, oggi i maschi un po’ più civilizzati (ma quanti sono?) danno una mano, ma non ci contate troppo: che sono le donne a occuparsi della prole è scritto in profondità nei geni e negli ormoni, temo troppo in profondità perché qualsivoglia civilizzazione ci possa sovrascrivere. Dunque vi pupperete i figlioli. A lungo, perché ormai prima dei trent’anni non se ne vanno di casa.
E veniamo alle donne anziane - che poi sono quelle che più di frequente ricorrono alla IVG. Immaginate una donna tra i 45 e i 50, che magari ha già figli, li ha già svezzati, forse non ancora tutti sistemati, comunque non ne può più di vivere in funzione degli altri e vorrebbe pensare un po’ a se stessa. Resta incinta. Può capitare. A me è capitato, con tutto che al consultorio avevo passato l’esame sulla contraccezione a pieni voti. Può capitare, tanto più che il periodo precedente la menopausa da questo punto di vista è a rischio. Bene. Una donna tra i 45 e i 50 resta incinta.
Lasciamo pur stare i rischi per la salute sua e del marmocchio, riuscite a immaginarvi la prospettiva di ritrovarsi a 65, 70 anni con un figliolo in piena crisi adolescenziale? Senza arte né parte, ancora da sistemare? Ma non se ne parla nemmeno.
Ora avrete senz’altro sentito dire (senz’altro, perché la guardate troppo quella televisione): «l’aborto è comunque una tragedia». Balle. Lo è soltanto se lo si sovraccarica psicologicamente. E datemi retta: drammatizzano perché vi vogliono male, vogliono farvela pagare, vogliono che vi sentiate in colpa, che soffriate. Non gliela date vinta: è propaganda, credete a me. Dunque sdrammatizziamo. Un aborto non è affatto questo chissaché, col metodo Karman è un interventino da day hospital, niente paura. L’importante è partire da un buon consultorio (vi consiglio caldamente quelli dell’AIED), che vi indirizzi a un ospedale come si deve.
Questo perché ci sono posti dove potrebbero trattarvi male, purtroppo è così ed è una vergogna, ma non è difficile avere la dritta giusta.
Ora mi chiederete perché la faccio così lunga sull’aborto, visto che il referendum della settimana prossima riguarda invece le "norme in materia di procreazione medicalmente assistita". Non mi è andato il cervello in pappa, non mi sono lasciata trascinare dai ricordi a causa dell’età avanzata. E’ chiaro, e non è nemmeno più un mistero perché alla fine l’han detto fuori dai denti: i famosi "diritti del concepito" sono stati ficcati nel primo articolo della legge n. 40 del 2004, quella sulla procreazione assistita, per giocarli prima o poi contro la legge n. 194 del 1978, quella sull’aborto, quella che assai più civilmente afferma il «diritto alla procreazione cosciente e volontaria», quella che finalmente ha trattato le donne (altro che le cellule!) come persone, titolari di diritti e capaci di scelte responsabili, anziché come fattrici decerebrate.
E’ questa la posta in gioco, ragazze.
Perciò vi prego, andate a votare. Se il quorum non sarà raggiunto, sarà davvero brutta: per quella minoranza di donne che vive un problema - non frequentissimo - di infertilità; per tante, tantissime donne che vivono banali, frequenti, normalissime storie di gravidanze indesiderate; per tutte noi, per i nostri diritti ributtati indietro di trent’anni.
Maria Turchetto
8. > IO NON CE LA FACCIO L’8 MARZO..., 6 marzo 2006, 12:55
Salve Sig.Pietro del Zanna
In occasione della ricorrenza dell’ 8 marzo cè una manifestazione in Iran( Tehran) organizzata dalle coraggiose donne iraniane.
Avremmo bisogno di solidarietà da parte di tutte gli organi ma specialemente dalle donne. L’unico aiuto che Lei potrebbe darci sarebbe quello di poter scrivere almeno 3 o 4 righe riguardo l’appoggio a codesta manifestazione dando più forza alle donne in Iran.
Queste lettere di solidarietà verranno lette tramite la TV satellitare della resistenza iraniana.
Purtroppo non ci è rimasto molto tempo.
Se Lei conosce qualcun’altra che può aiutarci in questo farebbe molto piacere a noi ma soprattutto alle donne che stanno in Iran.
La manifestazione avrà luogo mercoledi alle ore 16.30 nel Park Laleh a Tehran.
Grazie mille e Buon lavoro
Associazione delle Donne Democratiche Iraniane in Italia
Per ulteriori notizie potete visitare il sito www.donneiran
Prima di tutto grazie per questo invito. Sono sinceramente onorato di poter contribuire, con queste righe, a portare un minimo di solidarietà ad un movimento tanto importante quanto, purtroppo, poco conosciuto.
Le donne sono le prime vittime del fondamentalismo islamico. Lo abbiamo appreso in Algeria, in Afghanistan, è un fenomeno dilagante in vari punti del Medio Oriente, in Iran la repressione delle donne è sistematica e istituzionalizzata.
La Conferenza Internazionale delle Donne contro l’Integralismo e per l’Uguaglianza, svoltasi a Parigi il finesettimana scorso, a cui hanno partecipato delegazioni di donne di tutto il mondo, su input del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana, ha fatto luce ed ha permesso di condividere una realtà tanto dolorosa quanto ricca di speranza e di futuro.
Maryam Rajavi (Leader della Resistenza Iraniana e Presidente pro-tempore della Repubblica Iraniana in Esilio) nel suo messaggio al convegno parla di "un fenomeno nuovo della storia", della necessità di affermare " l’egemonia delle donne" come condizione sine qua non per svuotare dei contenuti l’integralismo dilagante, che altro non è che la strumentalizzazione della religione islamica da parte di chi oggi in Iran detiene il potere.
Il movimento della resistenza iraniana nel suo complesso, uomini e donne, da tempo ha deciso di passare la leadership alle donne. Cito ancora Maryam Rajavi: "Le donne della resistenza iraniana hanno ottenuto dei successi senza precedenti nella storia dei movimenti di liberazione: esse costituiscono il 52% dei membri del parlamento della resistenza. La principale organizzazione della coalizione, i Mujahedin del Popolo, è diretta da dodici anni da un consiglio direttivo interamente femminile (...) Molte donne che dirigono il movimento hanno trascorso anni nelle stanze di tortura di regime e sono state sottoposte a barbare sevizie".
"Le coraggiose donne iraniane" come voi giustamente le definite, hanno individuato e denunciato fin dal 1979 (anno dell’ascesa al potere di Khomeini) il pericolo di una diffusione mondiale dell’integralismo islamico, fondato sulla discriminazione sessuale e la misoginia.
E’ ora che questa battaglia non resti solitaria.
La nostra solidarietà è dovuta in termini di legittima difesa dei diritti umani e civili.
La solidarietà è dovuta in quanto sono le donne iraniane la frontiera più avanzata di questa guerra mondiale, che non è uno scontro tra civiltà, come in troppi si ostinano a definire, ma uno scontro scatenato dal fondamentalismo islamico contro le civiltà, di cui le civiltà islamiche sono le prime vittime.
La solidarietà è dovuta anche in chiave "egoistica": auspicherei anche da noi una maturazione sociale come quella avvenuta all’interno dei Mujahedin del Popolo Iraniano.
Viviamo in un mondo terribilmente complesso al limite del collasso a causa della cupidigia umana (illuminante a questo proposito il film "Syriana", nelle sale cinematografiche in questi giorni). Non possiamo che sperare che le parole di Maryam Rajavi, diventate realtà all’interno del movimento della resistenza iraniana, possano diventarlo per tutti: "La caratteristica dell’emancipazione delle donne sta nel rifiuto di tutti i valori retrogadi e di sfruttamento. Sta anche nel dare la precedenza alle caratteristiche acquisite dalle donne rispetto a quelle innate e di eliminare una visione mercantile a vantaggio dei valori umani" .
A 98 anni dall’incendio divampato in un opicificio (Cottons) di Chicago, occupato nel corso di uno sciopero da 129 operaie tessili che morirono bruciate vive, qualcosa sta cambiando radicalmente là dove meno ce lo aspettiamo. Buon 8 Marzo.
Pietro Del Zanna
Assessore alla Pace e alla Cooperazione Internazionale del Comune di Siena.
9. > IO NON CE LA FACCIO L’8 MARZO..., 6 marzo 2006, 13:20
NON MANCATE!
Noi donne, con il simbolo di sempre, la nostra mimosa, scendiamo nelle vie della città per festeggiare il nostro 8 marzo. Mentre la violenza invade il mondo e sciagurati uomini del potere alimentano guerre di civiltà e di religione, seminando odio e morte, noi donne diciamo: un altro mondo è possibile! Un mondo dove possano trovare accoglienza e concretezza parole quali: amore, pace, libertà, tolleranza, solidarietà, uguaglianza dei diritti. Sul nostro albero dei desideri appendiamo i nostri pensieri: bisogni, proposte, aspettative, progetti, che riempiano di contenuti queste alte parole. Esprimiamo con la nostra festa la gioia di stare insieme, usando i linguaggi della poesia, del gioco, dell’ironia e anche della passione e del dolore. Su questi sentimenti si basa la nostra politica.
Programma della festa:
· Ci incontriamo alle ore 16.00 in piazza Verdi (del Teatro)
· Percorriamo con musicisti e artisti di strada il Corso
· Dopo una breve sosta in piazza d’Erba, raggiungiamo piazza San Simeone
· In questa piazza, spazio della nostra festa, verranno lette poesie e brevi testi con intervalli musicali
· Appenderemo i nostri pensieri sull’albero dei desideri
· Verranno offerti vino e ciambelline
· Non mancherà un tavolo di libri e documenti
· Il microfono resterà aperto per chiunque vorrà parlare
LE DONNE DEL CENTROSINISTRA
10. > IO NON CE LA FACCIO L’8 MARZO..., 6 marzo 2006, 13:22
"Magdalene " dalle Donne Anarchiche di Torino per l’8 marzo
Mercoledì 8 marzo alle 21 in corso Palermo 46 proiezione di
"MAGDALENE"
di Peter Mullan (2002) Leone d’Oro al Festival di Venezia Durata: 114 minuti Interpreti: Nora-Jane Noone, Dorothy Duffy, Anne Marie Duff, Geraldine Mc Ewan
Bernardette è un’orfana che, secondo la sua direttrice, ha il destino dell’ammaliatrice e per questo deve essere raddrizzata. Rose è una giovane madre senza marito, peccato mortale, per cui le sarà sottratto il figlio. Margaret è stata violentata dal cugino, anche lei non può più essere una donna come le altre nella cattolica Irlanda degli anni sessanta. Le tre ragazze sono così condannate alla reclusione in un istituto privato gestito dalle suore di Maria Maddalena che, attraverso un regime di duro lavoro, privazioni, umiliazioni e preghiera, perseguiranno la salvezza delle loro anime sotto la sadica guida di Sorella Bridget. Una realtà in cui i tratti autoritari e le frustrazioni della vita religiosa danno una cruda rappresentazione dei crimini cristiani contro la donna e il suo corpo.
Una realtà ben lungi dall’essere scomparsa se pensiamo che oggi, a distanza di dieci anni dalla chiusura delle case Magdalene, le donne che lavorano come dipendenti per il Vaticano percepiscono stipendi di un terzo più bassi rispetto a quelli dei colleghi maschi, oltre a non avere copertura in caso di malattia e di assistenza sanitaria. La visione della donna che la Chiesa ci propone è d’altra parte ben nota e raffigurata dal mito biblico del Peccato Originale: Eva è una creazione secondaria, complementare e funzionale alla riproduzione dell’uomo; Eva è la debolezza del corpo, riluttante all’autorità morale; Eva è la tentazione e il peccato, responsabile della miseria mondana che tutti accomuna. Una visione che trova conferma nelle ingerenze clericali sulla vita delle donne di cui il governo si fa fedele interprete. Non si contano i tentativi di criminalizzare una scelta già di per sé difficile quale l’aborto, per non dire della legge sulla procreazione assistita che nega alla donna le libertà più elementari riducendola a fabbrica e contenitore di una vita sacra e astratta o, per citare un episodio più recente, nel riconoscimento di attenuanti verso chi stupra una ragazzina che, tanto, non era nemmeno vergine. In un’epoca segnata dallo scontro tra civiltà cristiana e mondo musulmano, quando nessuno si astiene dal puntare il dito contro l’oppressione femminile dei regimi autoritari islamici, Peter Mullan ha certamente il merito di aver puntato i riflettori contro una realtà nascosta, scomoda e terribile che stride con le parole di libertà di cui l’occidente liberale si fa gran vanto.
Federazione Anarchica Torinese - FAI Corso Palermo 46 fat@inrete.it 011 857850; 338 6594361
11. > IO NON CE LA FACCIO L’8 MARZO..., 6 marzo 2006, 13:25
"L’istruzione è libertà"
organizzato dalla
GFF ITALIA ONLUS il giorno
e Associazione culturale Afhani in Italia
8 Marzo alle ore 17:00
Biblioteca Ostiense, ROMA
Via Ostiense 113b (ex mercati generali).
Ore 17:00
Introduzione: Prof.ssa Gioia di Cristofaro Longo
Titolare della Cattedra di Antropologia Culturale
– Facoltà di Sociologia - Università "La Sapienza" di Roma
e promotrice del Progetto Martina.
17:15
Proiezione video
17:30
Presentazione della GFF da parte del Fondatore e
Presidente Qorbanali Esmaeli
18:00
Luisa Morgantini Europarlamentare
Donne in nero
inoltre:
MOSTRA FOTOGRAFICA
"Afghanistan"
a cura della White Tara Productions
Degustazione di tè e dolci afgani
saranno in vendita vari oggetti di artigianato afgano
Il ricavato verrà devoluto al Progetto Martina.
Vi ringrazio sentitamente in anticipo e vi aspetto numerosi,
Esmaeli Qorbanali
_____
Associazione di volontariato GFF Italia ONLUS
Ghadir Future Foundation
sede di Roma:
Via Monte Forcelletta 23
00054 Fiumicino (RM)
tel/fax 0665047988
mobile:
(+39) 328/9447462;
Sito web: http://www.gffitalia.org
_____
12. > IO NON CE LA FACCIO L’8 MARZO..., 6 marzo 2006, 19:46
8 MARZO 2006: DOPO IL 14 GENNAIO IL MOVIMENTO DELLE DONNE DISCUTE CON LE CANDIDATE E I CANDIDATI ALLE ELEZIONI POLITICHE http://www.usciamodalsilenzio.org/
L’assemblea delle donne Usciamo dal silenzio organizza un incontro dal titolo: "USCITE DAL SILENZIO" per MERCOLEDÌ 8 MARZO dalle ore 18 in poi, presso il Salone degli Affreschi della Società Umanitaria in Via Daverio 7 a Milano.
Un’iniziativa che proponiamo di generalizzare in tutte le città dove sarà possibile, perché l’8 marzo diventi un’occasione di confronto con "le eleggibili e gli eleggibili" delle forze politiche del centro sinistra (per usare la terminologia di una legge elettorale che toglie ogni possibile diritto di scelta dei candidati da votare), per formulare le nostre richieste e domandare cosa ha cambiato, secondo loro, il 14 gennaio.
13. > IO NON CE LA FACCIO L’8 MARZO..., 6 marzo 2006, 21:31
Il Romanzo di Lev Tolstoj, si svolge in treno, i viaggiatori salgono,
scendono e ognuno dice la sua; proprio come nella rituale giornata dell’8
marzo: è inutile nasconderselo questo pure è diventato un rituale.
Pozdnysev che ha taciuto per tutto il tempo e che ha visto salire e scendere
gente nel succedersi delle stazioni, rimasto solo con l’ultimo viaggiatore
rivela che lui è il protagonista di uno dei racconti di viaggio: quello che
ha ucciso la moglie per gelosia.
Il romanzo che procurò non pochi guai all’autore con la censura, è una
requisitoria contro la società e la sua istituzione base: "il matrimonio",
considerato come una vera e propria depravazione che ipocritamente,
apparentemente, salva dalla depravazione ma che in realtà si rivela per
quello che è il massimo della depravazione; una galera di fatto dove due
esseri si prevaricano e rivaleggiano l’uno carceriere dell’altro, e alla
fine uno dei due, il maschio, è destinato a divenire boia.
Mi piace ricordare questo romanzo di Tolstoj ora che c’è un ritorno alla
grande dei valori della famiglia, compresi i tanto progressisti Pacs; perché
qui bisogna dire che non solo i settori reazionari scoprono ipocritamente i
"valori" della vita (quando è gamete si sa!), della famiglia, della purezza
etnica e così via, ma anche da parte di chi si dice progressista c’è una
rincorsa a tornare indietro sui propri passi di deviazione, di fuori uscita
dal controllo
statuale.
Perché, poi, il problema di fondo resta immutato: il potere della società
patriarcale, la sua struttura economica e la sua sovrastruttura culturale
che continuano a far marciare la società del possesso: cambiano le forme in
apparenza, secondo le evoluzioni dei costumi, ma la sostanza quella resta.
Infatti io non riesco a vedere cosa ci sia, non dico di rivoluzionario, ma
di progressivo nemmeno in questa corsa istituzionale al riconoscimento dei
diritti da parte dello Stato del Capitale, come se non fossero bastate tutte
le delusioni delle varie dichiarazioni dai Diritti dell’Uomo a quello dei
bambini e a tutte le carte che restano carta straccia. Come minimo
bisognerebbe aver imparato che tali riconoscimenti restano sulla carta e non
diventano realtà effettiva, per le classi subalterne di sicuro.
Ma non solo di questo si tratta, si tratta di ben altro, dietro la richiesta
di certi diritti c’è un’ acquiescenza al perbenismo imperante e l’abbandono
dell’orgoglio della propria diversità, della propria peculiarità di donne,
gay, lesbiche, transessuali. E questo anche è il frutto nato dalle radici
di un movimento che ormai , per la sua parte maggioritaria, ha fatto la
scelta di rientro nell’alveo
istituzionale; non ci si impone più con la lotta per quello che si è: si
chiede allo Stato di essere accettati e riconosciuti e quindi di uniformarsi
alla LEGGE dello Stato; per cui ci si genuflette al potere per chiedere il
diritto al dissenso, per avere le quote rosa, per
ottenere i Pacs, per avere un posticino "antagonista" nella gran carnevalata
delle elezioni.
Perché in realtà, tutto questo scontro fra settori di borghesia su i
"diritti" altro non è che lo spettacolo periodico elettorale dei "dritti" di
mestiere:
Come non chiamare tutto questo accattonaggio?
Per tornare nello specifico, alla questione femminile, che si
ripresenta sempre più appannata in questo contesto, come, del resto, il
primo maggio e altre feste canoniche che hanno perso il loro carattere di
rivolta e di rivendicazione; chi sente l’oppressione al femminile VERAMENTE
non può far altro che prendere atto di
dati di fatto sconfortanti.
Nelle società del mondo occidentale una parte delle donne appartenenti alle
classi borghesi alte o medio alte
hanno raggiunto posti di comando in ambito politico ed economico, accettando
in toto il modello maschile, ma sinceramente: potevano fare altrimenti?
Almeno risparmiassero alla massa di donne proletarie che una conquista LORO
è una conquista di TUTTE LE DONNE! Per di più, queste piagnone maledette,
queste accattone della malora, stanno sempre a recriminare su"condizioni
protette", senza un minimo di dignità né femminile, né umana in generale, al
di fuori di tutti i generi!
Una parte di femmine di basso rango hanno scelto la carriera di sbirre o di
soldatesse, dimostrando in Iraq, ma non solo lì, di essere delle
torturatrici come e peggio dei maschi. Altre hanno fatto la scelta di
entrare in organizzazioni gerarchiche senza divisa e le ritroviamo a fare le
capomafia.
E le altre? e TUTTE LE ALTRE?
Le altre stanno ancora alla sonata kreutzer, peggio pure, senza il
violinista con cui consolarsi.
I cambiamenti nell’economia di mercato tolgono tempo di vita a tutti: uomini
e donne, resta immutabile il fatto che la donna, come soggetto considerato
inferiore, vede peggiorare il suo status sempre di più, quasi tutte
ristrette in lavori precari e ai più bassi livelli retributivi, senza tutela
di reti di protezione sociale, per di più.
Il tasso di approccio al lavoro da parte delle donne è ancora al 54 per
cento contro l’80 per cento degli uomini;
la povertà femminile è in costante crescita: IL 70 PER CENTO DEI POVERI SONO
DONNE;il cui reddito giornaliero è intorno ad 1 dollaro statunitense;
ancora oggi le donne mediamente guadagnano il 20-30 per cento meno degli
uomini.
Per la maggior parte sono relegate in lavori dequalificati fatti passare per
lavori di "cura":
lavoratrici agricole, lavoratrici a domicilio, lavoratrici domestiche ,
lavoratrici in famiglia non remunerate, lavoratrici del sommerso.
Alle varie discriminazioni di questo mondo regredito:discriminazioni per la
razza, per l’origine etnica, per il colore, per l’invalidità, per la
condizione di salute, si somma la discriminazione per il sesso, e così
abbiamo ai due poli della vita: la giovinezza e la vecchiaia il massimo di
pericolo, degrado ed abbandono.
.
Tutta questo immenso numero di donne, questa "metà del cielo" di cui tanti
cianciano, sono CAPI FAMIGLIA, visto il perdurare delle guerre nel mondo, e
con meno di un dollaro al giorno debbono sostenere i figli.
Nei movimenti migratori, le donne insieme ai bambini sono i soggetti più a
rischio di vita e di abusi anche sessuali.
La riduzione in schiavitù è sempre incombente visto che il traffico di
esseri umani è la terza attività più remunerativa per le mafie, dopo lo
spaccio di droga e il traffico di armi.
Questo per fare un quadro, chiaramente di parte, e per sgombrare il campo da
tutte le sviolinate, le recriminazioni,
le ipocrisie i falsi sentimentalismi e le bugiarde promesse di questi
maledetti giorni elettorali.
Sommersa da una valanga di banalità oscene di fronte alla crudeltà del
presente mi chiedo è mai possibile che un signore nobile terriero
dell’ottocento era tanto più avanti di noi?
E’ possibile si! perché a quanto pare tutti, uomini e donne, hanno perso la
gioia di pensare e di sentire col cuore, e sopratutto la volontà di lottare.
vittoria
L’avamposto degli Incompatibili
www.controappunto.org
14. > IO NON CE LA FACCIO L’8 MARZO..., 6 marzo 2006, 23:26
Però che bella quell’altra metà e passa del mondo!
E così pure le tue riflessioni.
Io sto dalla vostra parte.
Un abbraccio con affetto a te e a tutte le donne del mondo.
Antonio
15. AUGURI, 8 marzo 2006, 10:12
Oggi e tutti i giorni
OGNI GIORNO IN LOTTA!
vittoria
16. > IO NON CE LA FACCIO L’8 MARZO..., 8 marzo 2006, 12:08
ho letto con molta attenzione il tuo interessantissimo
intervento su l’8 marzo che io amo definire la "Giornata della Donna"...
perché il termine festa legato alla radice di questa data mi sembra proprio
inappropriato. Dobbiamo "festeggiarci e farci festeggiare e festeggiare"
tutti i giorni perché lottiamo, ognuna con i modi ed i tempi di cui è
capace, contro tutte (e sono ormai una moltitudine) ingiustizie della vita
cercando di portare, con la sfumatura tutta femminile, la nostra volontà e
la nostra caparbietà in tanti ambiti piccoli e grandi dell’esistenza ( della
resistenza) umana...
A presto.
Giacinta