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GERMANIA: IL VERO VINCITORE È LA LINKE-PDS

Publie le mercoledì 28 settembre 2005 par Open-Publishing

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di Thadeus Pato Traduzione Paola Sandrini

Il risultato delle elezioni parlamentari in Germania è stato sorprendente: quasi tutti i partiti hanno perso una larga fetta di voti. I liberali della FDP (neoliberisti integralisti) hanno accresciuto i loro consensi del 2.4%, mentre la Linke-PDS li ha raddoppiati, raggiungendo quota 8.7% e riuscendo così a tornare in parlamento dopo l’insuccesso alle elezioni del 2002.

Sorprese

La grande sorpresa è stata che nessuno dei pronostici della vigilia indicava un simile risultato: tutti avevano previsto la netta vittoria dei democristiani della CDU. Invece, socialdemocratici e conservatori hanno ottenuto praticamente lo stesso risultato, con una differenza minima, inferiore all’1%.

I conservatori hanno perso ampiamente voti (principalmente a vantaggio dei
liberali), i socialdemocratici hanno perso in misura ancora maggiore (per
lo più a favore della Linke-PDS) e i verdi circa lo 0.5%. Ora la
situazione è alquanto complicata, perché nessuna delle due possibili
coalizioni ipotizzate alla vigilia, liberali e conservatori da un lato e
socialdemocratici e verdi (già alla guida del governo negli ultimi sette
anni)
dall’altro, ha raggiunto la maggioranza.
Cosa è successo?

Secondo i sondaggi, per la prima volta nella storia elettorale della
Germania un’elevata percentuale di elettori (circa il 20%) è rimasta
indecisa su chi votare fino all’ultimo momento.

In primo luogo, questa indecisione va imputata al fatto che, come
ampiamente dimostrato dalle linee politiche seguite negli ultimi anni, i
programmi dei partiti sono molto simili: tutti -chi in maniera più
radicale, chi più
sfumata- hanno annunciato l’attuazione di nuove riforme e tutti sanno
perfettamente che le principali misure di impronta neoliberista varate
negli ultimi anni del passato governo Schröder-Fischer (tagli alle
pensioni,
riforma fiscale, riforma sanitaria, riduzione dei sussidi di
disoccupazione, etc.) hanno avuto il sostegno di voto di tutti i partiti.

Di fatto, all’interno del parlamento tedesco l’opposizione era inesistente
(o meglio, c’era l’opposizione dei liberali della FDP che chiedevano misure
ancora più drastiche). Quindi gran parte degli indecisi si sono
lasciati influenzare dal carisma personale del candidato (Schröder contro
Merkel), avvantaggiando in questo il cancelliere uscente.

I socialdemocratici sono riusciti a riguadagnare consensi nei tradizionali
bacini di voto operaio, soprattutto nella zona industriale della Renania
settentrionale-Vestfalia, dove alle ultime regionali avevano patito
pesantissime perdite.

I democristiani hanno poi commesso l’errore di annunciare in campagna
elettorale una nuova riforma fiscale molto impopolare e un aumento della
tassazione IVA. E questo ha fatto la differenza: la maggior parte
della popolazione ha avuto paura di nuovi tagli e ha preferito credere alla
favola secondo la quale un nuovo governo Schröder li avrebbe evitati.

Inoltre, i democristiani hanno perso una larga fetta di voti a vantaggio
del partito liberale, perché chi si auspicava l’adozione di politiche
neoliberiste più radicali ha preferito accordare il proprio voto ai
liberali per
scongiurare la possibilità di un accordo tra i due maggiori partiti. Il
risultato, come sappiamo, è stato che alla fine nessuno dei due blocchi è
riuscito a raggiungere la maggioranza. Come al solito tutti si sono
affrettati a proclamarsi vincitori, anche se in realtà quasi tutti hanno
subito un calo di consensi.

A questo punto la soluzione più probabile è proprio quella della “grande
coalizione”, una coalizione tra democristiani e socialdemocratici, visto
che prima delle elezioni i liberali hanno affermato con decisione che
non sarebbero stati in alcun modo disponibili a un accordo con la SPD. In
teoria resta aperta un’altra possibilità, la cosiddetta “coalizione
giamaicana” (nero/democristiani, giallo/liberali, verde/verdi), ma è più
verosimile che verrà insediato un governo composto dai due principali
partiti e presieduto da un cancelliere che forse non risponderà al nome di
Gerhard Schröder né Angela Merkel.

Quello che sta accadendo al momento e che è riportato dai giornali non è
altro che un semplice teatrino politico nel quale ciascuno mira ad
aumentare le proprie quotazioni in vista dei successivi negoziati. La
forma che alla fine assumerà la coalizione alla guida del nuovo governo non
cambierà di molto la sostanza delle cose. Come già ricordato, le linee
politiche dei quattro partiti non sono poi così diverse.
Il vincitore è...

Il vero vincitore è il nuovo partito della sinistra, la Linke-PDS, in
realtà non ancora costituitosi. In base alla legge tedesca, infatti, la
WASG (Alternativa elettorale per il lavoro e la giustizia sociale), un
nuovo partito
con basi soprattutto nelle regioni occidentali della Germania fondato da
ex-dirigenti socialdemocratici e sindacali, e la PDS (il successore del
partito al potere nella Germania orientale) non si sono potuti riunire in
una lista congiunta. Né è stato possibile operare l’unificazione dei due
partiti nel breve tempo a disposizione prima delle consultazioni.

Si è allora optato per un accordo: la PDS ha cambiato nome diventando “Die
Linke-PDS” (La Sinistra-PDS) e ha aperto le proprie liste ai candidati
della WASG. Una tattica vincente che ha portato a raggiungere
una media nazionale dell’8,7% (nel 2002: 4%).

La maggior parte dei voti proviene dalle classi operaie; stando a
un’affidabile analisi post-elettorale, il 12% dei lavoratori dipendenti e
il 25% dei disoccupati ha votato per il partito della Linke, il che
significa che
degli oltre 4 milioni di voti ottenuti almeno 1 milione proviene da
disoccupati.

Significativo resta il divario tra le regioni dell’ex-Germania Est, dove la
Linke-PDS ha ottenuto risultati oscillanti tra il 23% e 27%, e
l’ex-Germania Ovest, in cui si sono registrati dati tra il 3.5 e il 7.9%
con punte più
alte nelle grandi città e nei distretti industriali. Tuttavia, rispetto ai
dati delle consultazioni del 2002, in alcune zone la PDS ha guadagnato
oltre il cento percento.

In generale si può dire che questi voti esprimono una posizione chiaramente
contraria al neoliberismo, ma altrettanto chiaramente a favore del
socialismo. La Linke-PDS ha centrato la propria campagna contro le
manovre di segno neoliberista già ricordate, contro la partecipazione
dell’esercito tedesco alla guerra in Afghanistan e nella ex-Yugoslavia e a
favore di una riforma fiscale alternativa.

L’ex-presidente e candidato cancelliere per la SPD nel 1990 Oskar
Lafontaine, ora esponente della WASG, tornerà a sedere in parlamento, come
rappresentante più che altro di idee neo-keynesiane. Ad ogni
modo, è stata proprio la sua candidatura una delle chiavi del successo del
partito della Linke nelle regioni occidentali.
Il futuro

Per la prima volta dagli anni cinquanta nel parlamento tedesco si avrà
dunque una vera opposizione di sinistra. Al momento non c’è il rischio che
il gruppo dirigente della Linke-PDS (che è già al governo in
alcune regioni in coalizione con i socialdemocratici) sia chiamato a far
parte del governo federale.

Al momento, anzi, tutti lo evitano e lo emarginano dal dibattito,
definendolo apertamente e unanimemente “non democratico”. Ma la presenza di
questa forza apre finalmente spazi alla discussione sulle prospettive
della società; una discussione passata in second’ordine e quasi dimenticata
nel corso degli ultimi vent’anni.

Nella prima conferenza stampa i leader della WASG e della PDS hanno
annunciato che daranno vita nei prossimi uno o due anni ad un processo di
saldatura in una sola formazione. Sarà un fatto importante per
tutta la sinistra tedesca, che darà l’occasione di decidere se proporre una
semplice rivisitazione della “cara vecchia socialdemocrazia” (ed è quella
che sembra essere la linea dell’area di destra della WASG che
gravita attorno a Lafontaine e di Lothar Bisky e Gregor Gysi della PDS), o
creare un partito socialista pluralista che operi per la costruzione di un
modello alternativo di società e si impegni nelle lotte sociali fuori dal
parlamento.

Sono lotte alle quali sicuramente assisteremo nel corso dei prossimi anni
perché si continuerà a portare avanti politiche di deregulation. Allora
sarà compito della sinistra radicale interna alla Linke-PDS riuscire a
fare da tramite con le istanze dei movimenti sociali e lottare, durante il
processo di unificazione del partito, per un programma che apra la porta a
un futuro migliore.