Home > ELEZIONI E CRIMINALITA’
Dazibao Giustizia Lucio Garofalo
di Lucio Garofalo
Secondo statistiche ufficiali, ogni anno in Italia verrebbero commesse oltre 300 mila violazioni della legge (ovviamente si tratta dei reati formalmente denunciati e accertati), che vanno dalle piccole infrazioni del codice penale ai reati più gravi quali estorsioni, rapine, sequestri di persona, omicidi.
Nel contempo le carceri italiane, già sovraffollate, hanno spazi assai carenti e limitati, per cui non riescono ad ospitare i violatori della legge che in pratica restano impuniti. In tale situazione sono i grandi criminali che riescono a beneficiare delle enormi lacune del sistema carcerario italiano. Non è un problema di sedi penitenziarie, di luoghi fisici di detenzione, altrimenti basterebbe costruire nuove strutture carcerarie per risolvere la questione. A riguardo penso che sarebbe meglio investire la spesa sociale nella costruzione di moderne e attrezzate case, scuole e ospedali, per cercare di rispondere alle drammatiche istanze sociali derivanti dall’emergenza abitativa, dalla questione scolastico-educativa e dalla crisi medico-sanitaria.
L’azione dei governi in materia di criminalità si riduce a periodiche e provvisorie strategie di repressione poliziesca (si pensi, ad esempio, al blitz compiuto qualche tempo fa a Scampia, il famigerato quartiere di Napoli) che sono sempre pilotate e condizionate da interessi e meccanismi di ricerca del consenso popolare, strategie che presuppongono e richiedono un ruolo decisivo legato all’esercizio dell’informazione quotidiana di massa.
In tal senso, i più importanti mass-media nazionali, network televisivi in testa, tendono a promuovere periodicamente vaste campagne di informazione propagandistica che rendono di "moda" alcuni tipi di reati.
Non è un discorso aberrante o delirante perché, di fatto, si tratta proprio di "mode", ossia di un sistema di amplificazione e di esaltazione del crimine mediante forme subdole e striscianti di comunicazione, cioé attraverso meccanismi pubblicitari capillari che agiscono sul piano inconscio e subliminale, alla stessa stregua dei messaggi della pubblicità commerciale che ormai ci bombarda continuamente, e ossessivamente, in TV, alla radio, sulla stampa, su Internet, sui telefoni cellulari, insomma dappertutto, in ogni momento della nostra giornata.
Alcuni decenni fa, ad esempio, ci fu la "moda" del brigatismo. Infatti, i mass-media fecero da potente cassa di risonanza rispetto ad un fenomeno solo apparentemente eversivo e destabilizzante, ma che in effetti servì a stabilizzare e a rafforzare il sistema vigente, nel senso che gli attentati brigatisti, come altri crimini terroristici (si pensi alle stragi neofasciste, da Piazza Fontana nel 1969, alla stazione di Bologna nel 1980), furono tante occasioni utilizzate per legittimare e suscitare l’invocazione di leggi punitive speciali, che furono poi effettivamente varate dallo Stato.
Una legislazione d’emergenza che è rimasta in vigore troppo a lungo, non tanto per vincere le organizzazioni terroristiche e contrastare i delitti da cui sembrava scaturire la sua ragion d’essere, quanto invece per criminalizzare e bloccare l’ascesa di massicci movimenti di lotta sorti alla fine degli anni Sessanta.
Anni in cui si costituì un blocco sociale retto sull’alleanza tra studenti e operai, un connubio che inquietava non poco il potere politico-sociale ed economico della borghesia italiana più reazionaria, che non a caso si servì della "strategia della tensione" per insanguinare le piazze italiane durante gli anni Settanta, così come la borghesia agraria e capitalista degli anni Venti si servì dello squadrismo fascista per impedire gli scioperi dei contadini e degli operai e per frenare l’ascesa rivoluzionaria del proletariato. L’avvento del regime di Mussolini completò l’opera oltranzista e repressiva contro le masse popolari italiane, fino alla tragedia della seconda guerra mondiale. La resistenza anti-fascista fu la naturale, inevitabile conseguenza di tali avvenimenti.
Successivamente, soprattutto a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta, con l’esplosione del fenomeno "hooligans", la società italiana ha dovuto sopportare nuove campagne tese a promuovere quei crimini legati al teppismo negli stadi di calcio. In altre fasi si è assistito a campagne di informazione, ma sarebbe meglio chiamarle di disinformazione, che enfatizzavano e privilegiavano il fenomeno dei sequestri di persona, ad esempio in Aspromonte. Non a caso, ci fu subito qualche "eminente" personalità politica (basti ricordare l’allora capo del governo, il democristiano Forlani, nonché alcuni noti esponenti della destra neofascista) che ne approfittò per rilanciare una proposta di legge a favore della pena capitale, fortunatamente senza successo.
Negli ultimi anni, in Italia si è alimentato un clima di crescente attenzione e tensione intorno ad alcuni reati di opinione e di associazione, attraverso campagne volte a criminalizzare il cosiddetto "movimento dei movimenti", i movimenti pacifisti e i gruppi newglobal, per evocare reazioni autoritarie e repressive, fino all’estrema richiesta di intervento armato, come è accaduto a Genova nelle drammatiche giornate del 2001, durante il G8.
Inoltre il sistema dell’informazione di massa concorre ad allestire ricorrenti campagne di allarmismo sul rischio terroristico, non più di tipo "brigatista" ma di matrice "islamico-fondamentalista", oppure rispetto ad altre forme "delinquenziali" come i frequenti episodi di violenza negli stadi di calcio.
Il meccanismo in questione è profondamente cinico, ipocrita e perverso, nella misura in cui l’intento reale non è affatto quello di combattere il crimine, bensì quello di provocare reazioni diffuse nella pubblica opinione, reazioni di segno autoritario, per raccogliere e riscuotere un vasto consenso elettorale.
Come è accaduto tante volte in passato, anche oggi da parte delle forze governative si tenta di strumentalizzare il "crimine" per biechi scopi elettorali, inseguendo l’approvazione da parte dell’opinione pubblica, montata ad arte dall’assordante propaganda di alcuni potenti mass-media che rincretiniscono sempre più la gente.
Il fine ultimo sarebbe, in sostanza, quello di racimolare un bel mucchio di voti alle elezioni di turno, ma di certo non quello di stroncare la "delinquenza" (si pensi alla mafia, alla camorra e altre associazioni criminali, che sono sempre molto attive e potenti), dato che è impossibile farlo sul versante della soluzione carceraria, per le gravi insufficienze e contraddizioni inizialmente rilevate.
Pertanto, la risposta più giusta e razionale rispetto ai fenomeni criminali non è la repressione poliziesca e carceraria, in quanto il carcere è diventato un arnese vecchio, un anacronismo storico-culturale, come la tortura, la pena di morte, la schiavitù ed altre pratiche assolutamente incivili e disumane.
Semmai occorrerebbe mettersi d’accordo sul significato della parola "crimine". Occorrerebbe appurare e stabilire, ad esempio, se l’evasione fiscale è o non è un crimine di natura antisociale, come pure altri reati di ordine economico, che il governo Berlusconi ha depenalizzato: si pensi al falso in bilancio. Al contrario sono state inasprite le pene rispetto a comportamenti ritenuti "devianti" quali il consumo di droghe leggere.
Insomma, la giustizia è sempre molto relativa; la legge, il diritto e la morale sono storicamente determinati dagli assetti e dagli equilibri del potere, per cui ciò che un tempo costituiva un "peccato" o un "delitto", oggi può non esserlo più, e viceversa. Talvolta si può verificare un imbarbarimento dei costumi, un regresso culturale e politico della società, per cui vecchie norme, morali e giuridiche, che sembravano superate, vengono restaurate.
Queste sono le principali incoerenze e ingiustizie di un sistema economico-giudiziario, per cui chi evade le tasse per milioni di euro o falsifica i bilanci di grosse società finanziarie truffando e derubando centinaia di migliaia di piccoli risparmiatori, la fa franca, mentre chi si fa semplicemente una canna rischia di finire in galera.
La politica dei governi non fa altro che legalizzare e risolvere formalmente tali storture e contraddizioni.
D’altronde, come diceva il grande Balzac, "dietro ogni grande fortuna economica si cela un crimine".
Ogni riferimento a fatti o persone realmente esistenti è puramente casuale.