Home > E ora, al lavoro. Ma quale lavoro?
Commento, inviato da un internauta il 2 giugno 2005, all’articolo della Redazione di Bellaciao "Et maintenant, au travail", pubblicato sul sito francese bellaciao.org/fr il 1° giugno 2005
Tradotto dal francese da karl&rosa
Nel corso di tutta la campagna per respingere il TCE, era difficile immaginare il futuro dopo la vittoria del NO. Tutta l’attenzione era concentrata sulla campagna, sulla necessità di aiutare i nostri connazionali a resistere al dilagare della disinformazione, dell’intimidazione e dell’espropriazione mediatica dei cervelli. "Si’ al NO e no al SI’" era l’inizio e la fine dei discorsi e le prospettive al di là dello scrutinio erano vaghe, tanto più che la vittoria non era sicura.
Da domenica sera é in atto una certa decantazione; e quel che diventa visibile é senza dubbio peggio di tutto quello che si sarebbe potuto immaginare. A destra non ci sono problemi, si affonda nel si salvi chi puo’ ed in una specie di coabitazione "mafiosa" alla testa dello Stato. Sarkozy (presidente dell’UMP, la maggioranza di governo, e ministro degli Interni nel nuovo governo Villepin, NdT) lo confessava ieri chiaramente in una conferenza davanti ai deputati dell’UMP: "Egli ci ha detto che il suo ritorno agli Interni gli avrebbe permesso di riprendere il controllo della DST, Direzione della Sorveglianza del Territorio (Servizio di sicurezza interna, NdT) e di evitare i tiri mancini contro di lui" racconta uno dei presenti (vedi Libération del 2 giugno, pag. 7).
In altre parole, la politica si risolve nelle pratiche poliziesche della manipolazione, dei tiri mancini, della provocazione etc., un terreno sul quale, sembra, il "brillante" Villepin non é neppure lui un dilettante né un novizio. Tutto questo promette! La strana gestione dei recenti avvenimenti di Perpignan (conflitto fra le locali comunità maghrebina e gitana dovuto a un delitto di cui é accusato un membro di una delle due comunità, NdT) e il compimento della gestione puramente poliziesca, provocatrice e repressiva del movimento degli studenti medi é solo un assaggio di quello che si prepara nei due anni a venire (aggiungiamo due recenti episodi, perfettamente eloquenti: 9 sindacalisti della Posta sono sloggiati dal GIGN (Gruppo di Intervento della Gendarmeria, una specie di ROS, NdT) e messi subito sotto inchiesta per il reato di sequestro (passibile in teoria di un giudizio in Corte d’Assise!) mentre nello stesso momento i Comitati di azione vinicola del Languedoc (regione del sud-ovest della Francia, NdT) possono permettersi di fare 3 o 4 milioni di euro di danni in un furibondo rodeo di pullman ed essere immediatamente rilasciati dopo un controllo durato un quarto d’ora. Si rischia in futuro di vedere sempre più "due pesi e due misure" nella strategia del mantenimento dell’ordine: l’arbitrio come metodo di governo).
Quanto alla sinistra...!!..., bastava ascoltare lunedi’ sera su France 2 (2° canale TV, NdT) (trasmissione speciale in prima serata [alle 21], inizialmente non prevista) Bernard Kouchner (ex ministro socialista della Sanità nel governo Jospin, NdT), Chérèque della CFDT (una dei tre grandi centrali sindacali, affine alla CISL, NdT) e una piccola burocrate verdastra (Aurélie Filipetti)... per capire la linea: i dirigenti sono malcontenti del popolo, dunque hanno deciso di "sciogliere il popolo" (allusione al celebre inciso di Brecht); oppure, in altri termini, i Francesi suderanno lacrime e sangue nei prossimi anni (aumento della disoccupazione, diminuzione del potere d’acquisto, dolocalizzazioni, degrado generale delle condizioni di vita...), ma sarà tutta colpa loro, perché hanno stupidamente sciupato l’unica occasione di limitare i danni della mondializzazione, il famoso TCE.
Il popolo sarà punito dal suo stesso "peccato", la sua mancanza di fede nel grande progetto d’unione europea delle élites illuminate. Il fondo (o il sottofondo) di questo discorso, che evoca stranamente una sorta di fetido odorino di cattolicesimo pétainista (il maresciallo Pétain fu dal 1940 al 1944 a capo del governo francese di Vichy, che collaboro’ con il nazismo, NdT) é il tema della collaborazione di classe (Sarkozy [fratello del neoministro degli Interni, NdT] del MEDEF [la Confindustria francese, NdT], Martin Hirsch, direttore dell’ AFSSA Agenzia Francese di Sicurezza Sanitaria e presidente di Emmaus Francia e Chérèque che parlano di pentimento e di penitenza "mettendosi tutti insieme intorno a un tavolo, rimboccandosi le maniche ed accettando qualche sacrificio si potrebbe ridurre la disoccupazione e l’emarginazione" (esattamente come all’epoca delle supposte turpitudini dei Francesi, responsabili della disfatta militare del 1940 e dell’occupazione nazista, colpa morale alla quale la "rivoluzione nazionale" offriva una sorta di redenzione).
Oggi é la stessa cosa, l’egoismo dei Francesi, la loro mancanza di generosità nei confronti dei "fratelli-cattolici-polacchi- che-si-sono-liberati-dal-giogo-del-comunismo", si ritorcerà contro di loro e bisognerà sottoporsi a delle cure di dimagrimento "ultraliberiste" per espiare questo peccato di lesa Unione europea e questa diabolica diffidenza nei confronti di élites tanto virtuose, di questi uomini dritti e idealisti come l’ex Presidente direttore generale di Carrefour (recentemente mandato in pensione con alcune decine di milioni di euro di stock options, oltre alla pensione, NdT) membro dell’Opus Dei, e di tutti questi grandi uomini del CAC 40 (il Mibtel francese, NdT), tutti buoni cattolici militanti (Claude Bébéar [presidente del Consiglio di Sorveglianza del gruppo AXA, NdT] in testa).
Quanto a François Hollande (segretario del PS, NdT), rivelatosi un vero e proprio buffone (anche dalla sua parte c’é un gran puzzo di acqua santa e di confessionale), il solo problema che avrebbe oggi il Partito socialista sarebbe quello di punire quelli che hanno militato per il NO! Nel momento in cui la sinistra istituzionale "di governo" ha la strada spianata per vincere le elezioni politiche del 2007, i burosauri socialisti indicano chiaramente che preferiranno fare esplodere il loro partito e perdere le elezioni presidenziali piuttosto che ricucire, almeno marginalmente, lo strappo con i partiti della "sinistra contestataria" (come dice adesso Strauss-Kahn [ex ministro PS delle Finanze nel governo Jospin, NdT]) in una specie di "programma di sinistra".
La direzione del PS si dichiara ostinatamente solidale con i "global players" della tecnosocialdemocrazia europea e non vuol più avere nulla a che vedere con questi "has been" populisti della "sinistra protestataria". Il modello é Pascal Lamy (membro del PS, NdT), incoronato direttore dell’OMC con il pieno sostegno dell’amministrazione Bush (il falco Wolfowitz alla Banca Mondiale e l’ultraliberoscambista Lamy all’OMC, é il "new deal" della riconciliazione franco-americana) e non il neo-molletista Marc Dolez (segretario delle Federazione del Nord del PS, esponente della sinistra del partito, NdT)!
Appoggiandosi alle 20 regioni e ai Comuni che danno da mangiare ai 100.000 iscritti al partito, i "global players" della direzione PS sono pronti d’ora in poi a sacrificare il loro ritorno al governo piuttosto che rinunciare alla loro linea blairista. I più cinici pensano senza dubbio che le riforme, descritte per esempio nel rapporto Camdessus - altro cattolico "sociale" militante, ex direttore del FMI - sono inevitabili e che in fondo é meglio lasciare alla destra il lavoro thatcheriano, sperando di tornare al potere nel 2012, forse un po’ prima, se qualche scioglimento venisse ad interrompere il futuro quinquennato (dopo la riforma, il settennato del Presidente della repubblica si é ridotto a quinquennato, NdT) di Sarkozy o di Villepin.
Succursale del PS dal 1996, i Verdi ne seguono evidentemente le orme e si preparano oggi a rompere con ATTAC, con la Confédération paysanne (il sindacato di contadini aderente al Forum sociale, NdT) e con tutta la nebulosa "altromondista" per avvicinarsi all’UDF di Bayrou (il partito di Giscard d’Estaing, NdT). Le minoranze "di sinistra" saranno progressivamente messe alla porta e raggiungeranno il "polo radicale" che si sta formando intorno al PCF. Tipico partito parlamentare piccolo-borghese, cioé senza militanti nei movimenti, senza una presenza reale nei sindacati, i Verdi hanno tuttavia una capacità elettorale (nel girone "maggioritario" del PS) che, sia detto en passant, disturberà molto il cosiddetto "polo radicale" nei vari scrutini.
E’ quest’ultimo "polo radicale" - grosso modo la strategia di un cartello elettorale difesa da quasi 10 anni all’interno del PCF dalla corrente dei rinnovatori guidata da Roger Martelli e Patrick Braouzec, che raggrupperebbe intorno al PCF ambientalisti, altromondisti, la LCR (Lega Comunista Rivoluzionaria, trotskysta, NdT), sindacalisti, socialisti di sinistra - che si é costituito in occasione della "campagna unitaria" contro il TCE (per riprendere l’espressione di Besancenot [portavoce della LCR, NdT]), che viene difeso dalla redazione di Bellaciao.
Sulla carta, le cose sono cominciate bene: ATTAC ha interamente sposato - dopo qualche scorribanda in direzione della "difesa della sovranità" cara a Chévènement (Mouvement des Citoyens, scissione di sinistra del PS, NdT) o della sindrome del "consigliere del principe" dell’ex direzione di "Le Monde Diplomatique" - questa strategia (Nikonoff [economista, presidente di ATTAC-Francia] ne é uno dei promotori da 15 anni), Bové (anche se avrà senza dubbio delle difficoltà con i "contadini sindacalisti" della sua confederazione, che trattano pragmaticamente con il potere per ottenere delle ricadute corporative) é entusiasta, i futuri esclusi dal PS e dai Verdi, fra i quali molti amministratori, si uniranno al movimento, la LCR come al solito (vedi la candidatura Juquin nel 1988) é pronta a sacrificarsi per fornire i militanti ed i suoi sindacalisti.
Ma tutta questa strategia é sospesa alla benevolenza del PS e, su questo punto, lo abbiamo visto prima, la partita é tutta da giocare. Tanto più che la direzione socialista seguirà una doppia tattica: intransigenza sul programma (rifiuto di "promesse", sostegno incondizionato al processo di integrazione europea), mercanteggiamento e trattativa sulle politiche del 2007 e sulle Comunali del 2008 con il PCF.
I Comuni "tenuti" da quest’ultimo partito sono la condizione sine qua non per la sua sopravvivenza come "partito di dimensioni nazionali", dimensioni che gli permettono, fra molte altre cose, di avere dei deputati malgrado lo scrutinio uninominale a due turni mentre, simmetricamente, l’esistenza di questi deputati gli permette di conservare questi Comuni. Ora, questi ultimi sono molto minacciati per ogni sorta di ragioni: si tratta di zone, spesso, economicamente e socialmente sinistrate sotto i colpi della mondializzazione liberista e della crisi economica, le giunte PCF sono spesso impotenti a gestire (male) questi ghetti sociali, strette fra i deficit di bilancio, il crollo del potere d’acquisto degli abitanti, il degrado avanzato del patrimonio di edilizia popolare, la pratica del "dumping fiscale" dei Comuni amministrati dalla destra che attirano imprese, posti di lavoro e introiti fiscali, l’aumento dei comportamenti asociali e dell’economia della droga, con un sottofondo di possibili "tensioni fra le comunità" (d’altronde spesso incoraggiate a bella posta, con una strategia detta "lasciamoli marcire", dai settori mafiosi della destra bonapartista...).. Per farla breve, l’astensione é enorme, il voto FN irrecuperabile e a volte basta un colpetto del PS perché il PCF perda un bastione (spesso il PS, negli ultimi 15 o 20 anni, in un primo tempo ha fatto cadere un Comune PCF lasciando vincere la destra , salvo poi recuperare l’investimento 6 o 12 anni dopo). Riassumendo, la strategia del "polo radicale" si scontrerà fatalmente con il ricatto esercitato permanentemente dal PS sul PCF su questa questione dei suoi "bastioni elettorali", vitali per questo partito.
Molti lettori di Bellaciao troveranno senza dubbio che tutto questo é politichese, elettoralismo puro, che la vera questione é la lotta sociale, lo sciopero generale etc. Solo che, fatalmente, le due dimensioni interagiscono l’una con l’altra. La vita sociale ha orrore del vuoto politico e istituzionale. Inoltre, la prospettiva descritta nell’articolo della redazione di Bellaciao si inscrive chiaramente in una problematica politico-istituzionale ed elettorale, che difende una sorta di simbiosi fra "movimento" e rappresentanza istituzionale, o una "traduzione politica" (si parlava fino a poco tempo fa di "capitalismo politico") delle lotte sociali e sindacali o parasindacali.
E non c’é dubbio che decine di migliaia di militanti - e fra i più attivi - dei "movimenti" aderiscono più o meno a questa visione di articolazione social/politica (non vi é oggi in Francia, e forse in Europa, movimento paragonabile a quella che fu la CNT in Spagna negli anni 30)! Si puo’ vivere su dei miti - il maggio 68 e tutto il resto - ma si resta nella propria bollicina, tagliati fuori dalle forme di coscienza (o di "falsa coscienza") dei propri contemporanei e non credo che questo faccia realmente progredire la necessaria critica - in atto - dell’ "alienazione politica", delle istituzioni "rappresentative", delle oligarchie partitiche, dell’ideologia gerarchica della "democrazia" parlamentare...). Secondo me é necessario anche osservare, sondare ed esplorare la sfera "politico-spettacolare", intervenirvi direttamente o indirettamente, anche per controllare i vicoli ciechi nei quali conduce inevitabilmente, ma cercando di analizzare il meglio possibile le logiche oggi operanti e non accontentarsi di chiacchiere e di "illusioni liriche" (per riprendere un’espressione del Malraux diventato gaullista).
Un’ultima cosa: ci si é interrogati durante la campagna elettorale sull’esistenza di un "piano B" in caso di rifiuto francese (a questo proposito, é verosimile che questa tematica del "piano B" sia stata evocata una delle primissime volte nel forum Bellaciao: "Visto che, "in basso", si sa bene che perfino la vittoria del no non rappresenterà un problema troppo grave") "Un piano B, poi C, D alternativo all’avvenimento x, y, z sono già pronti. Perché altrimenti avrebbero corso il rischio di fare questo referendum? Si vuol far credere (ma solo al popolo minuto, e solamente ad esso) che i dirigenti sono degli imbecilli? E chi é interessato a questo? Sottovalutare il proprio nemico, come sopravvalutarlo, porta sempre a grandi delusioni" (estratto di un commento ad un articolo-intervista di Corinne Maier, in linea il 13 aprile alle 14.51). Successivamente, un articolo di "Le Figaro" sollevava la questione mediante un’inchiesta fra gli eurocrati di Bruxelles, ripresa poi in prima pagina da "Le Parisien" del 21 aprile 2005, che renderà la formula definitivamente popolare). Era evidente che ce n’era uno, ma qual’era? Bella domanda! E, come sempre, la risposta era evidente, davanti al nostro naso, cosi’ evidente che non la si vedeva (come la famosa "Lettera rubata di Edgar Poe"): il piano B é il Trattato di Nizza!!! Semplicemente. Il professore di Diritto pubblico dell’Università di Tolosa Serge Regourd, che ha scritto senza dubbio il miglior articolo sul TCE "Costituzione europea e "modello sociale" europeo. Analisi giuridica di un’impostura politica", pubblicato su Bellaciao il 28 marzo scorso) aveva descritto con precisione come la macchina da guerra liberista del diritto europeo fosse già inscritta nel Trattato di Maastricht. Il Trattato di Nizza riguardava essenzialmente le modalità di funzionamento istituzionale dell’Europa a 25 o a 30 stati. Il TCE mirava a correggere quest’ultimo, non aggiungendo niente di nuovo sul piano economico-sociale e dando un po’ più di preminenza ai grandi stati dell’Unione, essenzialmente alla Francia ed alla Germania.
Serge July (direttore del quotidiano "Libération", NdT) ha dato ai Francesi di masochisti perché hanno respinto un trattato che, strettamente dal punto di vista dell’influenza relativa dei dirigenti dello stato francese nei dibattiti al vertice dell’Unione, era più favorevole a quest’ultimo del Trattato di Nizza. Ma quello che Serge July non ha capito é che i Francesi, contemporaneamente al TCE, da una parte hanno scoperto realmente il Trattato di Maastricht, approvato 13 anni fa, e dall’altra hanno scoperto che, nel frattempo, in questi 13 anni, l’introduzione del euro e l’accelerazione della mondializzazione da 10 anni a questa parte avevano reso perfettamente "leggibile" e "udibile" il linguaggio neoliberista della "concorrenza libera e non falsata", che restava enigmatico al momento di Maastricht, e che la perdita crescente di credibilità dei dirigenti politici francesi, in primo luogo nel loro paese, non poteva provocare negli elettori francesi desolazione o inquetudine nel vedere il "peso" dei loro dirigenti nazionali diminuire nel concerto europeo. In tutti i casi, non era un motivo sufficiente per accettare questo trattato.
Ma il malinteso e l’imbroglio é stato che i Francesi, il 29 maggio, hanno respinto, piuttosto che il TCE, lo stesso trattato di Maastricht. Ora, contro quel trattato il loro voto é impotente, Maastricht continua ad essere applicato, con tutte le sue conseguenze distruttrici, e non si domanderà né ai Francesi né a chiunque altro di pronunciarsi in proposito. Leggendo sulla stampa le reazioni di elettori olandesi prima e dopo aver respinto il TCE, appare chiaro che loro sono molto più coscienti dei nostri compatrioti che é Maastricht, l’euro, la banca centrale indipendente, la giurisprudenza comunitaria della Corte del Lussemburgo (diritto della concorrenza contro servizi e monopoli pubblici), l’europolizia ed il tribunale europeo dello spazio Schengen, la posizione commerciale europea in seno all’OMC e all’AMI (Accordo Multiraterale sugli Investimenti, NdT) che sono da respingere, poiché il TCE é solo "l’esca", mentre la lenza é il Trattato di Maastricht che, applicato ormai da 15 anni, continua la sua corsa folle e autonoma, quali che siano i voti, le alternanze, le maggioranze nell’Europa a 25, a 27 o a 30!
Alla fine, il contenuto del piano B é che tutto continua come prima, e il rifiuto del TCE - già ora messo agli atti, malgrado la cortina di fumo completamente ridicola della "continuazione del processo di ratifica" fino all’autunno 2006 - servirà per anni per giustificare tutte le difficoltà presenti e future per i dirigenti: la disoccupazione aumenta, le banlieues bruciano, il potere d’acquisto diminuisce, le catastrofi ecologiche si succedono, le guerre neoimperialiste devastano il perimetro europeo... "Non possiamo fare granché, la nostra azione é gravemente penalizzata dall’assenza dell’Europa politica...", e tutto questo per colpa vostra, i ricconi dell’Europa, i Francesi, gli Olandesi, i Danesi... che per egoismo, per xenofobia, per conservatorismo avete fatto fallire le promesse dell’Europa politica contenuta nel TCE! Tutto questo sarà colpa del 29 maggio 2005! E’ anche questo il "piano B", contenuto in tutte le minacce e gli insulti fioriti dalla sera del 29 maggio, particolarmente presso i dirigenti socialisti "global players" francesi (la destra al potere, come abbiamo visto, era troppo occupata con la sua "Yalta interna", o, per usare una metafora più adeguata, con le sue spartizioni di territorio alla maniera dei capi della mafia di Chicago dell’era del proibizionismo!).
Dunque, la vera questione sulla quale il polo radicale dovrebbe prendere posizione (ma sarebbe un vero "casus belli" con i "partners socialisti") é quella dell’uscita della Francia dal Trattato di Maastricht! Purtroppo, su questo terreno solo i "difensori della sovranità" (in altre parole i nazionalisti!) sono conseguenti. Chi oserà, a partire da oggi, avanzare una tale rivendicazione: abrogazione del Trattato di Maastricht! Uscita, un Paese dopo l’altro, dal Trattato di Maastricht?