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Partiti Elezioni-Eletti Viviana Vivarelli
Di Viviana Vivarelli
Da Aprile:
D’Alema traccia una linea di separazione con i suoi elettori
Il listone rischia di prendere meno voti dei singoli partiti. E’ il risultato dello spostamento al centro che lascia scoperto l’elettorato della sinistra
L’intervista del presidente diessino Massimo D’Alema rilasciata a Repubblica di domenica rappresenta un ulteriore spostamento al centro per il listone Ds-Margherita-Sdi. Dopo aver bigiato il giorno in cui si protestava contro Bush e Berlusconi nelle strade di Roma, adesso il Triciclo - secondo D’Alema - dovrebbe marcare una netta linea di separazione con gli estremisti che inneggiano alla strage di Nassiriya. Tracciare questa linea di separazione, dice sempre D’Alema, comporta la non partecipazione dei riformisti alle manifestazioni dove siano presenti i Disubbidienti. Cioè, tutte, perché ovviamente Caruso e Casarini partecipano sempre e comunque a qualsiasi protesta.
Mentre D’Alema diceva queste cose a Repubblica, Walter Veltroni sull’Unità invitava invece il triciclo a non separarsi dal movimento per la pace, ad aprire un dialogo tra radicali e riformisti. Il commento di D’Alema alla manifestazione è stato il più ostile nel centrosinistra, sfiorando persino l’atteggiamento apertamente contrario degli esponenti della maggioranza di governo. Tutti, da Prodi a Castagnetti, al sindaco di Roma e persino il ministro Pisanu hanno invece elogiato la capacità del movimento di espellere i facinorosi e i violenti. Bastava guardare il Tg5 del 4 e del 5 sera per vedere le immagini di Caruso che caccia a pedate un “incappucciato” dal corteo. Ma a D’Alema non basta, lui deve tracciare linee nette che separano, erigere muri, stabilire l’incomunicabilità. Che del movimento per la pace, della sua forza e delle sue contraddizioni si occupi Bertinotti. Noi, dice il presidente Ds, siamo riformisti, siamo un’altra cosa.
Invece D’Alema dovrebbe sapere che nei cortei del 4 c’erano anche suoi elettori e suoi iscritti. C’erano tanti che votano Ds e che si aspettano una sinistra capace di rappresentare il movimento pacifista. Che si aspettano, dopo la prova di maturità di venerdì scorso, che la sinistra e il centrosinistra siano più determinati nel contrastare la politica di guerra di Bush e Berlusconi. Invece, in queste ore, assistono ai ripensamenti sul ritiro.
La verità è che si approfondisce la distanza tra il popolo della sinistra e chi lo rappresenta o dovrebbe rappresentarlo. Questo centrosinistra, così com’è, non è in grado di dare voce né al movimento per la pace, né a buona parte del suo stesso elettorato. La linea che sta tracciando D’Alema, e con lui diversi altri, non è tra i riformisti e Casarini, quanto tra la sinistra e i propri elettori. Il 13 giugno nessuno si lamenti se il listone alle europee prenderà meno voti dei singoli partiti nelle elezioni amministrative. Si tragga semmai una lezione per il futuro.
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