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Bertinotti propone un patto-sfida ai riformisti: facciamo i conti con la crisi di questo capitalismo
Publie le martedì 10 gennaio 2006 par Open-PublishingDazibao Partiti Elezioni-Eletti
di Stefano Bocconetti
S’è fatto tutto più complicato, maledettamente più difficile. Naturalmente a cominciare dal caso Unipol. In pillole: è "stato giusto", giustissimo sollevare fin da luglio - come ha fatto Rifondazione - il cuore del problema. Cioè la fine dell’autonomia della politica rispetto all’economia, rispetto alle battaglie che si stanno conducendo per ridisegnare gli equilibri economico-finanziari. E’ stato giusto sollecitare la discussione su questo tema, "non si poteva restare acritici". La difficoltà nasce quando qualcuno tenta di cambiare la gerarchia dei problemi del paese. Come se alle elezioni ci si dovesse pronunciare solo sul caso Unipol. La difficoltà nasce dal fatto che se non si poteva tacere sull’irresponsabile posizione dei vertici diesse, è anche vero che quei vertici oggi sono "sotto attacco". E allora, come se ne esce?
Ieri Fausto Bertinotti era nella redazione di “Liberazione”, qui, in queste stanze. Per un confronto, per una discussione coi giornalisti e i lavoratori del giornale, un po’ su tutto: dai compromessi possibili nelle politiche del probabile governo Prodi alle battaglie contro il Wto, da cosa si intende per laicità a che aspetto dovrà assumere la forma partito. Fino alla battaglia delle donne. Tutto, insomma, da Rutelli a Lula. E qui, in questa occasione, il segretaro di Rifondazione ha tirato fuori una proposta. Che potrebbe far uscire la situazione dalle secche in cui si trova. A lui, a Rifondazione, interessa ridefinire il rapporto fra politica e ed economia. Ma qui dentro, a Bertinotti interessa soprattutto riaprire una discussione per provare a ridefinire i rapporti fra sinistra ed economia. Si rivolge allora - mettendoci un po’ d’enfasi in queste parole - "ai compagni dei diesse". Si rivolge a loro, per aprire una grande discussione unitaria. Una discussione senza rete, aperta, ma che abbia se non un obiettivo, almeno una finalità: provare a capire di cosa si parla quando si dice "crisi del capitalismo".
Lì, a questo appuntamento, Rifondazione vuole andarci libera da qualsiasi schematismo. Ci andrà però con una sua visione, con una sua lettura, naturalmente. Che parte da un dato. Questo: che i processi corruttivi, le degenerazioni non sono un incidente di percorso. Non sono "una patologia imprevedibile". Sono fenomeni connaturati a questa fase della crisi del capitalismo, sono connaturati al prevalere della rendita sull’impresa produttiva. Per essere chiari (e Bertinotti lo ha detto rispondendo ad una giornalista che sosteneva la tesi contraria): non è vero che sempre e comunque il mercato porti corruzione. Non sempre è stato così, di casi se ne potrebbero fare a decine, esistono tanti esempi di tentativi seri di regolazione.
Ma oggi è diverso. Oggi la corruzione è parte integrante del sistema, di questo sistema in crisi. Per capire: l’evasione fiscale, i veri e propri paradisi fiscali - non in qualche isola sperduta dei Caraibi ma qui, nel pieno dell’Europa - non sono una distorsione in qualche misura modificabile: "Sono un elemento costitutivo del meccanismo della rendita".
Questa è l’idea di Rifondazione. Non è l’unica analisi in campo. C’è anche quella, che sembra prevalente fra i riformisti, secondo la quale la rendita, la rendita finanziaria è “governabile”, secondo la quale invece di cambiare il capitalismo si possono sostituire i personaggi egemoni nel capitalimo. Secondo la quale le storture si possono correggere. Se ne può discutere, senza rinunciare a nulla ma disposti alla ricerca, all’approfondimento. E "questa discussione, se fatta unitariamente, eviterebbe anche il rischio, paventato da qualcuno, per cui un dibattito franco finirebbe per favorire l’avversario".
Discussione libera, allora. Che punti a rimotivare - così ha detto il segretario del Prc - la diversità della sinistra. Che “non è un tratto distintivo delle persone”. Ma nasce dalla collocazione nella società, dagli interessi che ci si propone di rappresentare.
Non sarà facile, si diceva. Esattamente come non sarà facile, per Rifondazione, all’indomani del risultato elettorale. Se, come tutti si augurano, l’Unione supererà il centrodestra. Qualcuno nel dibattito aveva introdotto l’argomento proponendo un paragone storico. Quello con la stagione del primo centrosinistra, negli anni ‘60. Stagione segnata da successi, sconfitte, luci ed ombre ma che sicuramente ha segnato una delle poche novità politiche nella sessantenale storia repubblicana. Ma lì -si è detto - le forze politiche avevano chiaro su quale blocco sociale si poggiavano per avviare una stagione di riforme.
Ora tutto sembra più indistinto. Appunto: tutto più difficile. Ed è su questo punto, che Bertinotti raccoglie l’assist. Allora, all’inizio degli anni ’60, anche se coesistevano nel centrosinistra molte strategie diverse (da quella di chi voleva semplicemente inglobare un pezzo della sinistra per dividere le forze politiche che si rifacevano al movimento operaio a quella di chi vedeva l’ingresso dei rappresentanti dei lavoratori al governo come uno degli strumenti per spostare in avanti gli equilibri della democrazia), c’era una situazione internazionale che consentiva quelle forzature. Oggi è diverso. E’ assai diverso. Oggi c’è quello che il segretario di Rifondazione definisce un "terremoto continuo". In campo economico, ma anche in quello sociale. E in quello politico. Dove nessuno è in grado di proporsi al governo potendo contare su un consenso stabile. E, allora, in questa situazione, “vince” solo chi è in grado aggregare. Di tirar fuori proposte politiche e sociali in grado di unire, di creare una barriera alle spinte centrifughe.
E’ un po’ quello che, dice ancora Bertinotti, sta facendo Rifondazione in Italia, nell’Unione. Che non esaurisce affatto, però, il ruolo del Prc. Perché contemporaneamente alla necessaria battaglia per mandare a casa il governo delle destre, la sinistra d’alternativa deve essere in grado di proporre qualcosa che vada oltre al programma concordato. Qualcosa che prefiguri un modello di società, di Europa possibile, che magari non sarà per oggi, non sarà per domani ma per dopodomani sì. Ecco da cosa nasce l’idea della sezione italiana della Sinistra europea.
Ma pure qui, la stessa domanda: impresa facile? Sono stati in molti in redazione a notare, più che nelle parole nei toni di Bertinotti, una certa preoccupazione. "E’ inutile girare attorno al problema - dice - Noi faremo quello che è nello nostre possibilità ma molto dipenderà da ciò che avviene fuori di noi". In Germania, per cominciare. "Se si consolida la tendenza moderata espressa dalla Merkel tutto si farà terribilemnte complicato. Ma sono fiducioso che anche lì le lotte sociali, la sinistra d’alternativa possano rompere la gabbia”.
E in Italia? Anche qui, preoccupazione. Forse anche qualcosa di più. Bertinotti butta lì una frase sulle difficoltà che sta incontrando il lavoro di scrittura del programma dell’Unione. Dice d’essere "fortemente preoccupato". Ma come? In gran parte delle commissioni si era riusciti a scrivere testi ampiamente condivisi? Si erano fatti passi in avanti notevoli su tante questioni spinose? Si era deciso addirittura di riscrivere la premessa sulla parte economica? E ora che accade? Si è tornati indietro? A queste domande il leader di Rifondazione ha preferito non rispondere. Ma s’è limitato a ripetere d’essere "preoccupato". Di più, magari, se ne saprà nelle prossime ore.
Ma a ben vedere tutto ciò riguarda ancora la polemica politica quotidiana.
Le ambizioni di Rifondazione sembrano puntare molto più in là. E resta un problema: il ruolo di questo giornale. Anche qui, per capire: che tipo di quotidiano si dovrà fare quando magari ci saranno esponenti di Rifondazione al governo? Sarà un giornale acquiescente? Tollerfante? Su questo si sono trovati tutti d’accordo. Dal direttore Sansonetti, secondo il quale Liberazione non potrà mai "stare al governo. Un giornale, un giornale come il nostro, sarà sempre all’opposizione". Idea, progetto, in fondo accettata da Bertinotti. Quando dice che non solo Liberazione ma l’intera Rifondazione dovrà essere capace di "restare autonoma" dai governi. Dovrà essere capace di schierarsi sempre e comunque dalla parte degli ultimi. Dalla parte del blocco sociale che vuole rappresentare. Anche se questa parola è diventata davvero ormai inutilizzabile. Perché non dà conto delle complessità, dei tanti bisogni, individuali e collettivi, di chi comunque si sente stretto dentro questo sistema. Ma questo è tutto un altro discorso. Da affrontare magari in un’altra assemblea