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Bertinotti chiude il congresso: ’’Un partito di lotta e di governo’’
Publie le martedì 8 marzo 2005 par Open-PublishingPartiti Partito della Rifondazione Comunista Parigi
Congresso Prc. Le conclusioni del segretario, le contestazioni delle minoranze
di Alessandro Cardulli
Bertinotti di lotta e di governo. Orgoglioso del “viaggio” intrapreso da Rifondazione, sferzante nei confronti delle minoranze che per tre giorni lo hanno attaccato duramente, ironico talora, per quasi due ore dialoga direttamente con la platea chiudendo il dibattito di questo tormentato Congresso.Non concede niente a chi lo ha contestato in sostanza su tutta la linea, sullo statuto in particolare, a chi, dice il segretario, ha usato anche toni violenti, aggressivi, rozzi e volgari. Si rivolge ai leader delle mozioni che, insieme, mettono insieme un pacchetto di voti che vale il quaranta per cento dei delegati.
Dice che le posizioni che hanno espresso contro la linea della maggioranza, la svolta che sia chiama pace e non violenza, governo con il centrosinistra, rapporto con i movimenti, sono “inconcepibili”, provocano “sconcerto”, non portano da nessuna parte. Una sorta di requisitoria che dura quasi due ore, interrotta da una settantina di applausi, mentre Grassi, Malabarba, Bellotti, Ferrando non muovono ciglio. Bertinotti non ci sta ad essere considerato uno che vuole mettere al bando il pluralismo,la democrazia, il dissenso. Offre un ramoscello d’ulivo,riconoscendo il diritto di organizzazione anche in correnti, di dar vita a riviste, pubblicazioni, di partecipare a manifestazioni anche quando il partito, come, tale ha altre posizioni. Riconosce il diritto alle minoranze ad essere rappresentate nei gruppi parlamentari, nelle istituzioni.
In Direzione le minoranze saranno presenti in base al numero dei voti riportati, ma annunciano che non intendono farne parte. La Direzione comunque verrà eletta in tempi successivi. Intanto si pronuciano contro la rielezione del segretario.
Risposte ferme alle contestazioni ma anche richiami all’unità del partito, allo stare insieme perché “tutti siamo militanti”Ma chiede “tenerezza”, “fraternità”, “solidarietà”. Altrimenti si mette a rischio il partito, la sua forza, la sua credibilità. Ricorre alla simbologia della rivoluzione francese, ricorda le tre parole “ liberté, egalité, fraternité. “Senza fratellanza, senza sorellanza, libertà e uglianza perdono senso. Invita “ tutti a camminare insieme.
Non c’è bisogna di correre, ma bisogna essere capaci di darci la mano”. Intreccia le questioni interne del Partito con la svolta, la partecipazionre al governo, se si riesce a cacciare Berlusconi. Proprio la svolta è quella che non va giù alle minoranze. Nel modo di essere della maggioranza e del segretario ci sono non solo le novità di una linea strategica, ma anche tanti piccoli segni di un cammino nuovo non solo per Rifondazione ma anche per altre forze della sinistra, di quella radicale o critica che dir si voglia. Bertinotti rende omaggio a Nicola Calipari, cè un minuto di silenzio. “Persone come lui- afferma- ci aiutrano a cambiare idea.
Confesso di avere una diffidenza verso gli apparati Stato ma poi scopri che un uomo con un senso così alto della Repubblica, della missione mette a repentaglio la propria vita per salvare Giuliana”. Anche queste semplici parole sono “svolta”. Torna spesso Bertinotti sul viaggoio intrapreso, su quel “partito e non restato” di cui aveva parlato Nichi Vendola. La stasi è la morte, l’immobilità in politica è devastante. Rivendica la rottura con lo stalinismo, con il partito guida, il partito avanguardia ,le lotte portate avanti,ponendo di nuovo in primo poano il ruolo del pubblico, la non violenza, la costruzione della sinistra europea, il cammino percorso per uscire dall’angolo “dove poni le tue bandiere ,ma non spiazzi l’avversario,non costruisci movimento”.
“Lo stare fermi fa ancor più paura che il rischio di sconfitte- rileva- bisogna guardare al nuovo stare nei movimenti, insieme ai movimenti non come una carta assorbente, costruire una politica che pervada sfere che gli sembravano estranee è il nostro compito”. Torna , come aveva fatto nella relazione di apertura, al nuovo capitalismo, ai problemi del lavoro e della precarietà. Capitalismo e guerra, capitalismo e precarietà: uno scenario che dobbiamo rompere, che si può rompere perché sono riprese le lotte, la conflittualità, sono nati nuovi soggetti e sono scesi in campo, movimenti che parlano al mondo. Perché-sottolinea con forza- ci sono gli operai, c’è un movimento operaio da rafforzare.
Lo stesso centrosinistra di oggi non è quello che espresse il governo Prodi, con la desistenza. “ Noi- dice fra gli applausi- siamo con gli operai, dalla parte degli operai. Ma voliamo lasciare per esempre il governo nelle mani dei padroni?” A chi parla di una maggioranza “governista” replica seccamente che si tratta di “sciocchezze”. “ Non vogliamo essere parenti poveri- sottolinea- ma assumere precise responsabilità. Io non farò il ministro ma se si vince su un programma che delinea un governo alternativo, noi ci saremo, avremo i nostri ministri, senza mai confondere il governo con il partito”. Il programma non si costruisce a tavolino, ma partendo dalle esperienze concrete, dalle lotte cui bisogna dare risposte di governo. Avverte però il rischio reale di “ipotesi neocentriste”, le spinte centriste ci sono.
Per questo occorre - sostiene - accelerare la costruzione dell’alternativa, dando corpo a un’ipotesi di grande riforma, esprimendo la capacità di costruire una coalizione che risponda ai bisogni del popolo. Conclude sul partito, su un partito che innova profondamente, alla radici il suo essere “comunista”. “La violenza che ha attraversato il nostro congresso - afferma - la sento come una sconfitta”. Ma ricorda un giudizio di Rosa Luxemburg che, rileva, di “scontitte si intendeva.” Affermava che “ ci sono sconfitte del movimento che valgono più di cento vittorie proclamate dai comitati federali” E poi: “Vorrei che, domani, se qualcuno si ricorda di me, dicesse, è un comunista”. Su questa battuta finale si potrebbe riaprire il dibattito, si potrebbe fare un nuovo congresso guardando alla “Sinistra europea” di cui Bertinotti è presidente. Al di là dei nominalismi, tutta la sinistra è interessata alla conclusione di questo congresso di una forza che si batte “per il socialismo contro la barbarie”.
I dati delle votazioni: Bertinotti è stato rilietto segretario dal Comitato politico a scrutinio segreto con 143 sì e 55 no con una percentuale del 62% superiore a quella ottenuta dalla mozione di maggioranza. La segreteria di otto membri (quattro uomni, quattro donne), sempre a scrutinio segreto è stata eletta con 142 sì, 71no.
http://www.aprileonline.info/articolo.asp?ID=3707&numero=214